Archivio mensile:Gennaio 2022

Anche Joni Mitchell ha chiesto che venga tolta la sua musica da Spotify

(ilpost.it, 29 gennaio 2022)

Venerdì la cantautrice canadese Joni Mitchell ha detto di aver chiesto che la sua musica venga rimossa dalla piattaforma di streaming musicale Spotify, che ha accusato di diffondere disinformazione sui vaccini contro il Coronavirus. Lunedì scorso aveva fatto lo stesso il cantante canadese Neil Young, alla cui protesta Mitchell ha poi deciso di unirsi. In un messaggio pubblicato sul suo sito e intitolato «Io sto con Neil Young!», Mitchell ha scritto: «Ho deciso di rimuovere tutta la mia musica da Spotify. Persone irresponsabili stanno diffondendo bugie che stanno costando la vita alle persone. Sono solidale con Neil Young e con le comunità scientifiche e mediche di tutto il mondo su questo argomento».

Ph. Norman Jean Roy / New York Magazine

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Via da Spotify le canzoni di Neil Young. Ma non è finita…

di Gabriele Fazio (agi.it, 27 gennaio 2022)

“O me o Joe Rogan su Spotify, non entrambi” aveva minacciato Neil Young nei giorni scorsi con una lettera, condivisa poi sui social (ed eliminata poco dopo), indirizzata al proprio manager. Impossibile la convivenza sulla stessa piattaforma della sua musica con The Joe Rogan Experience, uno dei più seguiti podcast del palinsesto statunitense su Spotify che, secondo il cantautore canadese dal passaporto a stelle e strisce, avrebbe diffuso notizie false riguardo l’emergenza sanitaria, appoggiando tesi smaccatamente no vax. Il podcast al momento è ancora disponibile, di Neil Young su Spotify è rimasto solo un disco, il live Paris 1989, l’EP Neil Young At Live Aid e il brano Campfire, composto per la colonna sonora del film Bright, al quale si è prestato in featuring con Shelley FKA DRAM.

Ph. Michael Tran / FilmMagic

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Il finale di “Fight Club” censurato in Cina: la reazione di Chuck Palahniuk

di Camilla Sernagiotto (tg24.sky.it, 27 gennaio 2022)

La notizia del finale di Fight Club che è stato censurato in Cina ha fatto il giro del mondo, indignando tutti quanti. Tutti tranne uno, la cui identità lo rendeva il meno probabile a essere d’accordo con i cinesi: una voce che esce dal coro indignato, discostandosi totalmente da quell’indignazione, e lascia basiti perché stiamo parlando di Chuck Palahniuk, l’autore del romanzo omonimo da cui David Fincher ha tratto il suo cult movie con protagonisti Edward Norton e Brad Pitt. Il famoso scrittore statunitense ha detto la sua sulla questione dell’happy ending made in China. Lasciando tutti di stucco: «L’ironia è che il modo in cui i cinesi l’hanno cambiato allinea il finale del film quasi esattamente con il finale del libro, al contrario del finale di Fincher».

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La crisi in Ucraina e la lista nera di Pupo

di Adalgisa Marrocco (huffingtonpost.it, 26 gennaio 2022)

Tutti lo ricordiamo per le sue hit Gelato al cioccolato e Su di noi, pochi si sarebbero aspettati che un giorno le sue vicissitudini si sarebbero intrecciate con la crisi ucraina, evocandone le origini. Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, lo racconta così, senza tanti giri di parole sui social: «Il ministero degli Esteri italiano mi ha recentemente ed ufficialmente informato che il governo dell’Ucraina mi ha inserito nella lista nera, quella degli indesiderati, dei “criminali”. In pratica, se mi presento alla loro frontiera rischio di essere arrestato». Insomma, sembrano canzonette ma la questione è serissima: al cantante è costata cara la partecipazione a un festival canoro tenutosi a Jalta lo scorso anno, nella Crimea occupata dai russi. Ma che cos’è la “lista nera” in cui il cantante è finito e quando è nata?

Pupo via Instagram

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Agli Australian Open si potrà manifestare a sostegno di Peng Shuai

(ilpost.it, 25 gennaio 2022)

Martedì gli organizzatori degli Australian Open, uno dei tornei di tennis più importanti al mondo che si sta svolgendo in questi giorni, hanno detto che gli spettatori potranno indossare t-shirt a sostegno della tennista cinese Peng Shuai. La decisione è arrivata dopo che negli scorsi giorni alcuni spettatori avevano indossato delle t-shirt con stampata la scritta “Where is Peng Shuai?” (“Dov’è Peng Shuai?”) ed erano stati costretti a toglierle. Questa decisione degli organizzatori era stata molto criticata, sia nel mondo del tennis sia dalla politica australiana. Peng Shuai è una tennista cinese che lo scorso novembre era scomparsa per giorni dopo aver denunciato violenze sessuali subite da uno dei più importanti politici cinesi, generando con le sue accuse un grande scandalo in Cina e all’estero.

Ph. Dave Hunt / Ansa – Epa

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Un candidato senza social e altre idee per la corsa al Quirinale

di Guia Soncini (linkiesta.it, 26 gennaio 2022)

Una cosa importante, nella vita, è imparare a riconoscere chi è più bravo di te. A riconoscerlo senza contorcimenti, intendo. A riconoscerlo senza: sì, ma. A riconoscerlo senza: proprio per questo non voglio abbia quel posto di rilievo, dove tutti noteranno la differenza. È un buon criterio anche per le istituzioni, volendo. Ovviamente va quasi sempre al contrario: va come dice Fran Lebowitz per la letteratura, che dovrebbe essere una porta verso l’ignoto e invece pretendiamo sia uno specchio del noto; va che preferiamo votare uno che ci somigli, a noi e alla nostra comoda mediocrità: perché altro credete avesse vinto Trump? E quindi ieri Concita De Gregorio, che è più brava di me, ha sintetizzato in mezzo rigo (io ci avrei messo venti svelte cartelle) il manifesto della politica che vorrei.

Unsplash

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L’artivismo è la vera (e unica) avanguardia di questi anni Venti

di Luca Beatrice (linkiesta.it, 22 gennaio 2022)

La parola è stridente, quasi cacofonica, come succede ai termini innaturalmente composti. Però “artivismo” offre la temperatura dell’arte di oggi, politicamente impegnata su temi di larga condivisione come i diritti, l’ambiente, le pari opportunità, le migrazioni, i disequilibri tra le diverse zone del mondo. Questioni tra le poche, peraltro, ad attrarre un pubblico giovane. E si sa quanto la cultura abbia bisogno di un ricambio generazionale. Artivismo. Arte, politica, impegno si direbbe un instant se non fosse che l’autore, Vincenzo Trione, ci ha abituati a lunghe ed esaurienti disamine critiche ben oltre la soglia del contingente. Il suo saggio precedente, L’opera interminabile, viaggiava sulla complessità di artisti-mondo impossibili da incasellare.

Ph. Cecilia Fabiano / LaPresse

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Pechino ha dichiarato guerra a Hollywood

(adnkronos.com, 18 gennaio 2022)

Pechino ha dichiarato guerra a Hollywood. Lo scorso anno, le autorità cinesi hanno bloccato l’uscita nelle sale di tutti i quattro film prodotti dalla Disney-Marvel. Un segnale, secondo gli osservatori, dell’argine che la Cina intende porre alla penetrazione nel proprio mercato delle major Usa. All’origine di questa scelta non ci sarebbero tuttavia le più ampie tensioni politiche e commerciali con Washington, bensì l’idea di trasformare l’industria cinematografica nazionale in un mezzo per orientare le masse e perseguire gli obiettivi politici del regime. Quello cinese, spiega ad Axios Rebecca Davis, corrispondente dalla Cina per Variety, “è un vero allontanamento dall’industria globale dell’intrattenimento”. Paul Dergarabedian, analista di Comscore, sottolinea invece che “la pandemia ha messo la Cina in una posizione migliore per controllare le uscite cinematografiche” sul proprio territorio.

Marvel Studios

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Muhammad Ali è ancora un passo avanti

di Giulio Zoppello (esquire.com, 17 gennaio 2022)

Lewis Hamilton e Lebron James che si schierano per il Black Lives Matter, Serena Williams che si mobilita per i diritti delle donne delle minoranze, Eric Cantona che senza mezzi termini condanna i mondiali di calcio in Qatar. Ci sarebbero anche altri esempi da portare, ma tutti hanno una cosa in comune: la loro voce si leva oggi perché, per primo, a farlo in quanto star dello sport conscia della propria responsabilità, lo fece un ragazzo nato a Louisville, Kentucky, il 17 dicembre di ottant’anni fa. Venne registrato all’anagrafe dal padre pittore come Cassius Marcellus Clay, ma sarebbe diventato tra i personaggi più iconici della storia del XX secolo con il nome che lui stesso si scelse: Muhammad Ali.

Ph. Russell McPhedran / Hulton Archive – Getty Images

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