“Black is king”, il visual album di Beyoncé

di Enrica Brocardo (vanityfair.it, 13 agosto 2020)

Paesaggi, abiti sontuosi, stelle, antenati, miti e dichiarazioni d’intenti. Black is king, il visual album di Beyoncé rilasciato alla fine di luglio sulla piattaforma Disney+, è uno dei progetti più ambiziosi mai realizzati dalla cantante, e questo nonostante l’artista di ambizione e di voglia di pensare in grande ne avesse già dimostrata in abbondanza. Il film, nato sulla scia della partecipazione di Beyoncé al live action, uscito nel 2019, de Il re leone, per il quale aveva composto il brano Spirit, singolo dell’album The gift, è una celebrazione dell’orgoglio black e della cultura africana.spirit_final-photo-credit_-kwaku-alston-for-disney-studiosPer questo, la cantante ha chiamato a raccolta moltissimi artisti neri e afroamericani che hanno collaborato alla parte visuale e alla regia. Tra gli altri Blitz Bazawule, 38 anni, di origini ghanesi, musicista hip-hop conosciuto con lo pseudonimo Blitz the Ambassador, e film-maker, che l’anno scorso aveva realizzato il suo primo film, The burial of Kojo (disponibile su Netflix), con il quale si era aggiudicato un premio all’Urbanworld Film Festival. «Anche Beyoncé lo aveva visto», racconta in questa intervista a Vanity Fair, «e ha voluto incontrarmi proprio per quello. Mi ha parlato del suo progetto e ci siamo trovati immediatamente».

Bazawule, che da molti anni fa base a New York, conosce bene la cultura del suo Paese di nascita: «Ho vissuto in Ghana fino ai 16 anni e ci sono sempre tornato per due, tre mesi ogni anno», racconta. Parla su Zoom in collegamento da casa, dove ha appena finito di scrivere il suo primo romanzo. «Ho deciso di dedicarmi alla scrittura iniziata la pandemia e in pochi mesi ho terminato. Vorrei diventasse un film. Appena il Covid ci concederà di poterci lavorare su». Per Black is king, Beyoncé, “The Queen”, come la chiama lui, gli ha affidato il ruolo di trovare un arco narrativo che tenesse insieme i vari videoclip delle canzoni. «L’intero progetto è incentrato sulla cultura africana. Di Africa si parla sempre solo per la natura, gli animali selvatici. Non si sa niente della gente, della storia del Continente».

Quanto significa per la comunità afroamericana un film come questo?

«Beyoncé è la più grande artista al mondo. Se lei pone l’accento sulla cultura africana l’impatto è enorme, per la comunità nera e non solo. Nessuno lo aveva mai fatto in questo modo. È stata coraggiosa a usare la sua popolarità per promuovere la cultura, la storia, la mitologia africana. Ed è stato un atto di coraggio anche da parte di Disney, niente come Black is king era mai stato fatto prima».

Di cosa avete parlato prima e durante la lavorazione?

«Uno degli argomenti di cui abbiamo discusso di più è stato come “elevare” questi temi a un livello universale, in modo che chiunque nel mondo potesse capire, anche chi non ha familiarità con questo tipo di cultura. Una delle mie parti preferite del film è dove si vede come il giovane protagonista perda sé stesso. Vediamo capitare la stessa cosa a moltissimi ragazzi, dovunque nelle grandi città del mondo».

Molti messaggi sembrano fatti apposta per “educare” le ragazze e i ragazzi afroamericani.

«Black is king aiuterà i giovani ad avere più autostima e fiducia in loro stessi. Crescono senza vedersi rappresentati nei media, nella cultura, nella Storia che si studia a scuola e che è riferita quasi esclusivamente all’Europa e all’America. Per loro scoprire che esiste una cultura africana di cui essere fieri è importante: “I nostri antenati hanno dato un grande contributo all’umanità, ora tocca a noi andare avanti”. E non solo per i neri. Stimolerà la curiosità e la voglia di saperne di più in tutti. Questo film, secondo me, avrà vita lunga, verrà visto e rivisto negli anni. E il fatto che si trovi su una piattaforma per bambini e ragazzi è decisivo. Lo so perché ho un figlio di dieci anni che passa tutto il suo tempo su Disney+».

Anche l’omicidio di George Floyd avrà un impatto a lungo termine sulla società americana e non solo?

«Assolutamente. Avevamo sentito parlare di questo genere di cose ma non le avevamo mai viste accadere, non in questo modo. Se sparano a qualcuno, succede tutto velocemente, parte il colpo, l’uomo cade a terra. Senza contare che, ormai, siamo desensibilizzati di fronte a questo genere di brutalità. Ma vedere in video una persona morire soffocata, la sua agonia di 8 minuti, ha lasciato il segno. Tutti hanno pensato: “Nessuno dovrebbe soffrire in questo modo”. La morte di George Floyd è stata una tragedia ma, per fortuna, ha anche svegliato le coscienze di molti. E Black is king arriva in un momento in cui tanti si fanno delle domande e mentre si cerca di trovare rimedi a ciò che ci ha portato a questa situazione».