Concerto per il Bangladesh: mezzo secolo di carità in musica

di Mauro Suttora (huffingtonpost.it, 29 luglio 2021)

È tutto cominciato cinquant’anni fa al Madison Square Garden di New York: l’era dei grandi concerti rock di beneficenza inizia il 1° agosto 1971 con quello per il Bangladesh, organizzato da George Harrison. Il più giovane e tranquillo dei Beatles era appassionato di India da quando, primo al mondo, inserì un sitar nella canzone Norwegian Wood. Poi l’infatuazione per il guru Maharishi, le inascoltabili nenie indiane piazzate nei dischi dei Fab Four e il pellegrinaggio collettivo sul Gange (dove fece gettare le sue ceneri nel 2001).

George Harrison page via Facebook

L’atarassia raggiunta grazie all’induismo gli servì soprattutto per sopportare il tradimento della moglie Pattie Boyd col suo migliore amico, Eric Clapton. Quando scoppia la Guerra di Indipendenza del Bangladesh contro il Pakistan, a ruota arriva una tremenda carestia. Il sitarista Ravi Shankar (padre di Norah Jones) prega Harrison di fare qualcosa. E in sole cinque settimane George organizza un concerto di raccolta fondi. È la quinta grande storica esibizione rock dopo quelle di Monterey nel 1967 (con gli hippies di San Francisco), Woodstock nel 1969, Altamont con il morto durante il set degli Stones, e l’annuale kermesse europea dell’isola di Wight dal 1968 al ’70. Ma è il primo benefit concert. Un centinaio di milioni di dollari andarono agli affamati grazie agli incassi di biglietti, dischi e film. Però le liti col fisco degli Stati Uniti, che non voleva applicare l’aliquota agevolata riconosciuta alle fondazioni (Harrison non pensò a costituirne una), si protrassero per dieci anni.

Musicalmente, il concerto fu un miracolo. Harrison riuscì a riportare Bob Dylan su un palco americano dopo ben cinque anni. E se John Lennon avesse accettato di esibirsi senza Yoko Ono, e Paul McCartney non si fosse irrigidito per la presenza dell’odiato manager Allen Klein, si sarebbero riformati i Beatles. Infatti il batterista Ringo Starr era presente, anche se dimenticò le parole della sua canzone (It don’t come easy). Nel supergruppo brillavano Clapton alla chitarra solista e al piano Leon Russell, reduce da un trionfale tour mondiale con Joe Cocker. Probabilmente la versione di My sweet Lord del concerto è migliore di quella con cui Harrison aveva appena dominato le hit parade del pianeta. Era lui il Beatle che, dopo lo scioglimento del 1970, aveva raccolto i maggiori successi. Lennon lo eguagliò pochi mesi dopo con Imagine. E McCartney solo nel 1973, con My love.

Dopo il concerto per il Bangladesh sono state tante le buone cause accoppiate a buona musica, fino all’ineguagliato exploit intercontinentale del 1985 con il Live Aid di Bob Geldof, e ai numerosi Pavarotti & Friends. Dal No Nukes del 1979 al concerto per New York dopo l′11 settembre 2001, fino all’ultimo prima della pandemia per le vittime degli incendi in Australia nel febbraio del 2020, le rockstar si sono esibite spesso gratis. A volte perfino troppo, quando hanno approfittato dei benefit concert per rinverdire fortune declinanti. Scherzò una volta Jackson Browne: “Cosa farebbero Crosby, Stills e Nash senza i charity?”.