Cosa possono e non possono dire i politici su Facebook

(ilpost.it, 25 settembre 2019)

Nick Clegg, vice primo ministro del Regno Unito tra il 2010 e il 2015 e oggi responsabile degli affari globali e della comunicazione di Facebook, ha annunciato che Facebook adotterà nuove regole sui contenuti pubblicati dai politici. Durante il festival della rivista The Atlantic, a Washington D.C., Clegg ha detto che i post dei politici su Facebook non saranno più sottoposti alle normali linee guida del social network.

newsroom.fb.com
newsroom.fb.com

A meno che siano un contenuto pubblicitario, oppure incitino alla violenza: quando un politico pubblicherà un contenuto che violi le linee guida di Facebook, questo non verrà cancellato. Varrà la regola generale che un post di un politico debba essere considerato di interesse pubblico anche se diffonde notizie false, e per questo debba essere visibile da tutti. Le uniche eccezioni a questa regola sono i post «che possono causare violenza e danni nel mondo reale», e quelli a pagamento. Secondo Clegg, il cui discorso è stato riportato sul blog ufficiale del social network, Facebook «ha la responsabilità di proteggere la piattaforma da interferenze esterne, e fare in modo che quando qualcuno paga per un annuncio politico pubblicitario questo avvenga nel modo più trasparente possibile. Ma non è nostro compito intervenire in quello che dicono i politici».

Clegg ha detto che dopo lo scandalo di Cambridge Analytica e le interferenze nelle elezioni statunitensi del 2016, Facebook ha fatto notevoli sforzi per migliorare la qualità dei contenuti che vengono pubblicati dagli utenti e per prevenire episodi simili in vista delle elezioni del 2020. Tuttavia, ha aggiunto Clegg, non è compito del social network entrare nel dibattito politico. «Il ruolo di Facebook è di garantire condizioni di parità, non di fare politica. Per fare un’analogia con il tennis, il nostro lavoro è fare sì che il campo sia pronto – che il terreno sia piatto, che ci siano le linee, che la rete sia a un’altezza corretta. Ma non prendiamo una racchetta e iniziamo a giocare. Il modo in cui i tennisti giocano è affare loro, non nostro», ha detto Clegg.

«So che alcune persone diranno che dovremmo fare di più, che sbagliamo a lasciare che i politici usino il nostro social network per dire cose cattive o per fare affermazioni false. Ma immaginate il contrario. Sarebbe accettabile per la società che un’azienda privata si autoproclami arbitro per tutto ciò che i politici dicono? Non credo che lo sarebbe. Nelle democrazie, gli elettori credono giustamente che, come regola generale, dovrebbero essere in grado di giudicare da soli ciò che i politici dicono». È per questi stessi motivi, dice Clegg, che la verifica dei factchecker esterni a Facebook non viene applicata ai post dei politici, e solo nel caso in cui un politico pubblichi un contenuto che è già stato identificato come falso Facebook aggiunge una nota che rimanda alla verifica dei factcheckers.

La nuova linea di Facebook sui contenuti pubblicati dai politici è simile a quella annunciata lo scorso giugno da Twitter. In questo caso si applica solo agli account politici che abbiano più di 100mila followers e siano verificati: i tweet che contengono informazioni contrarie alle linee guida di Twitter non verranno eliminati, ma solo nascosti.