Il virus e il tricolore

di Antonio Del Giudice (blitzquotidiano.it, 27 maggio 2020)

Maschere e Coronavirus. Avendo io una storia di pugliese girovago per l’Italia, da Milano a Palermo, mi sorprendo tutte le volte che guardo la bandiera nazionale. Il tricolore mi parla dell’unità d’Italia e per me finisce lì. Sono d’accordo, cum grano salis, con chi giudica il nostro popolo migliore delle sue classi dirigenti. Ma mi fermerei ai periodi calamitosi: guerre, terremoti, alluvioni, Coronavirus.

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Nella quotidianità non vedo molta differenza fra popolo e classi dirigenti. Sicché la bandiera mi sembra una pezza a colore per mettere pace fra le tribù che danno variamente forma e sostanza alle comunità dello Stivale. Tante e diverse, in eterna lotta fra di loro. Mio padre era un fascista militante e inconsapevole. Rimase nazionalista nostalgico al ritorno dall’Africa dopo due anni di prigionia in un campo inglese. Votava la Fiamma, finché non capì che la Democrazia Cristiana gestiva la cassa. Il suo riflesso condizionato per il tricolore nazionale si adeguò ai nuovi bisogni. Aveva famiglia, sempre più numerosa. Le esigenze crescevano e sopravanzavano le grandi idee. Primum vivere.

Nei giorni di Coronavirus osservo un risorgimento tricolore in ogni dove. L’Italia eroica, in alto i cuori e la bandiera. Il Covid-19 non ha ancora capito con chi ha a che fare. Spezzeremo le reni al virus, e intanto riprendiamoci la movida. L’Italia che vigila e, Boccia ministro officiante, organizza le squadre di sorveglianti per la difesa della salute di un popolo cialtrone eppur sempre tricolore. Vedo nascere la nuova moda delle mascherine-bandiera italiana. Il politico di destra la sfoggia. Il patriota di paese si allinea. Ogni borgo si intesta il coraggio di Vittorio Veneto. In attesa di Vincere e vinceremo.

Vabbè l’orgoglio nazionale, che pur non mi commuove. Vabbè l’elmo di Scipio. Va bene pure sentirsi uniti contro la Bestia che ha sacrificato trentamila vite. Eppure c’è qualcosa che non capisco. Non sono nazionalista, non sono sciovinista, non sono campanilista. Non amo le sagre, il tifo dei calciofili, le guerre gastronomiche. Ma ridurre l’orgoglio nazionale al tricolore delle mascherine mi sembra una caricatura in un Paese di comici involontari.