Iran, la matita della rivoluzione

di Marta Allevato (agi.it, 13 gennaio 2023)

La Guida Suprema iraniana, Ali Khamenei, precipita al suolo perdendo una scarpa in volo fino a raggiunge il defunto dittatore libico, Muammar Gheddafi, già affondato in una pozza di sangue. La scena è disegnata dal più celebre vignettista iraniano, Mana Neyestani, ed è stata scelta per la copertina della prima rivista pubblicata in Francia dalla diaspora per raccontare, in tempo reale, le proteste in corso da 4 mesi in Iran e che molti già descrivono come la “rivoluzione” che porterà alla fine della Repubblica islamica.

neyestanimana via Instagram

Che sia in atto una rivoluzione ne è convinto anche Neyestani, 49 anni, da 16 emigrato all’estero, dopo aver scontato alcuni mesi di carcere nel suo Paese per una vignetta mal interpretata. Di quel periodo non ama parlare, i suoi incubi di allora sono tutti nella graphic novel Una metamorfosi iraniana (Coconino Press). «Poco tempo dopo aver lasciato l’Iran, ho ricominciato a disegnare vignette, ma questa volta senza censura: non ho mai smesso di lavorare sulla situazione politico-sociale del mio Paese», racconta all’Agi da Parigi, dov’è rifugiato politico dal 2012. «Da 4 mesi», prosegue Neyestani (1 milione di follower su Instagram) «il mio lavoro si sta concentrando sul movimento rivoluzionario “Donna, Vita, Libertà”».

La casa editrice e libreria iraniana Naakojaa, nella Capitale francese, lo ha coinvolto nel progetto della rivista Appunti prima della caduta, con un numero speciale solo di sue vignette: usando ironia e sarcasmo, ma anche rabbia e dolcezza, la sua matita ripercorre i momenti salienti dei mesi passati dall’uccisione, il 16 settembre scorso, della giovane curda Mahsa Amini, in custodia della polizia morale perché non indossava correttamente il velo. L’omicidio ha scatenato un movimento di protesta, diventato in breve tempo la maggiore sfida alla Repubblica islamica dalla sua nascita, 44 anni fa. Il potere ha reagito con una brutale repressione: secondo le ong per i diritti umani, le vittime sono quasi 500; 4 i manifestanti già giustiziati e migliaia i detenuti.

In una delle vignette più recenti di Neyestani, delle donne si tagliano i capelli e le loro ciocche finiscono per seppellire Khamenei. «“Donna, vita, libertà”» sottolinea «è uno slogan bellissimo, mostra gli aspetti moderni di questa rivoluzione. Ma le immagini che più mi hanno colpito sono i video in cui i giovani, o addirittura i bambini, assassinati nelle piazze sono ancora vivi e ridono, cantano, ballano con tanta passione. Uno di loro, Kian Pirfalak, aveva 9 anni. Avrebbe potuto diventare uno scienziato o qualcosa del genere. Non perdonerò mai questo regime brutale». Lo stesso Neyestani non nasconde di continuare a sentirsi in pericolo, «come tutti gli attivisti fuori dall’Iran». «Quello iraniano è un regime terrorista alla fine della sua brutta esistenza e per questo disposto a tutto pur di sopravvivere. Hanno già assassinato i loro oppositori all’estero, ma noi non abbiamo scelta: la mia vita non vale più di quella di Kian e di chi manifesta in Iran».

Nato in una famiglia di intellettuali a Teheran nel 1973, da padre poeta e madre professoressa di Lettere, entrambi oppositori del regime islamico, Neyestani lavora oggi come editorial cartoonist per diverse testate, tra cui IranWire e l’edizione in Farsi di Deutsche Welle. Allo stesso tempo, partecipa a un «gruppo di lavoro su Internet» che coordina forme di protesta in patria. «La maggioranza degli iraniani vuole superare il regime islamico e trasformarlo in un sistema democratico laico» spiega, «sto cercando di riflettere questo movimento nelle mie vignette e incoraggiare i sostenitori della democrazia iraniana a resistere, per esempio utilizzando metodi di disobbedienza civile come scioperare, scrivere slogan e graffiti sui muri, pubblicare manifesti e volantini per diffondere più consapevolezza nella società».

La caduta del regime, a suo dire, è ormai avvenuta «nella mente della maggioranza degli iraniani, che pensa già alla vita che verrà dopo». «La società è cambiata, le nuove generazioni sono informate, conoscono il mondo grazie a Internet. Non puoi più governarle con idee preistoriche e loro non vogliono scappare, vogliono restare e vivere liberamente nel proprio Paese. Non hanno più paura, e porre fine alla paura significa porre fine al regime». La tesi che quella in corso in Iran sia una nuova rivoluzione è contestata da diversi analisti, secondo i quali, in mancanza di una struttura alle spalle e di una leadership, il movimento di piazza è destinato a consumarsi senza vedere un reale cambiamento.

«Penso che si possa andare avanti anche senza avere per forza figure carismatiche, ma so che alcuni attivisti iraniani all’estero stanno cercando di costruire una coalizione, una sorta di Consiglio di transizione. Non è facile perché non abbiamo mai sperimentato la formazione di partiti o gruppi politici liberi e ci vorrà tempo affinché esponenti della società civile e dalla politica si fidino gli uni degli altri e formino un organismo del genere, ma sono sicuro che alla fine ce la faranno». «Per 4 decenni il regime ha cercato di tenerci divisi e separati, ma in questi 4 mesi noi iraniani siamo diventati di nuovo una nazione unita», tiene a sottolineare Neyestani. «Ci siamo ritrovati durante le manifestazioni organizzate nel mondo per sostenere i nostri connazionali in Iran. Questa unità e solidarietà tra di noi non ha precedenti».

Pochi giorni dopo l’uscita del numero speciale di Appunti prima della caduta, a inizio gennaio, Charlie Hebdo ha preso direttamente di mira Khamenei. Tra le vignette pubblicate dalla celebre rivista satirica francese – che hanno scatenato minacce e indignazione da Teheran – ce n’è anche una del fratello maggiore di Mana, Touka Neyestani. «Apprezzo Charlie Hebdo per il suo radicalismo e per non scendere a compromessi con il potere in alcuna forma: religione o politica, soprattutto nella nuova era della censura moderna e del politicamente corretto. Il regime non può accettare la satira, perché rompe il concetto di “santità” di cui ha bisogno per manipolare le persone religiose e giustificare la sua dittatura. Credo, però, che anche la maggior parte dei credenti in Iran non sostenga più il regime».

Le caricature di Neyestani non risparmiano i leader stranieri, che, a suo dire, «nella migliore delle ipotesi, sono preoccupati degli interessi dei propri Paesi, ma non dei diritti umani in Iran». «Spetta a noi attivisti all’estero avvertire i governi occidentali che i diritti umani non devono essere sacrificati in nome del petrolio o del dossier nucleare», conclude il vignettista. «Non si deve scendere a compromessi con un regime fondamentalista e terrorista. Richiamate i vostri ambasciatori a Teheran, chiudete le missioni diplomatiche! Meno si riconosce la legittimità del regime dei mullah, prima lo abbatteremo e credetemi: con un Iran democratico e laico, il volto del Medio Oriente e del mondo cambierà in meglio».