Rosario e braccialetto, populista perfetto

di Filippo Ceccarelli («Il Venerdì», suppl. a «la Repubblica», 15 giugno 2018)

È ancora presto per delineare il costume della Terza Repubblica, ma nella foto scattata l’altra settimana al giuramento del governo Luigi Mistrulli ne ha colto di sicuro l’attimo profetico, un’anticipazione di stile e un condensato di segni che fanno di Matteo Salvini, ministro dell’Interno e incarnazione del cambiamento, un autentico indizio visivo, a suo modo anche neuro.

Ph. Luigi Mistrulli
Ph. Luigi Mistrulli

La postura, innanzitutto. È stato giustamente osservato che sulla classica sedia dorata di palazzo egli siede, lievemente curvo, come su una panchina a bordo campo durante una partita di calcio. La nuova classe dirigente deve moltissimo al mondo del calcio e ancora di più ai riti del tifo. Certo, l’abito blu e la cravatta non appartengono né all’uno né agli altri, ma a maggior ragione Salvini, uomo di camicia di felpa o di torso nudo, li indossa, anche al prezzo di scoppiarci dentro, come ostentati paramenti del potere: simbolo supremo di affidabilità e indispensabile tributo alla continuità (per ora). Molto più spontaneamente sul polso rifulge il braccialetto rossonero del Milan – e ci risiamo con il tifo. Chi l’ha visto da vicino testimonia che sopra c’è scritto: #weareacmilan. Il binomio social inglese-cancelletto costituisce un altro marcatore, in parte generazionale, dei nuovissimi potenti. Come abbastanza ovvio, non s’intende qui contestare, tantomeno disprezzare, in nome di chissà quali modelli, la scelta di portare il braccialetto. Ma se, come si è visto, l’abito blu elettrico non fa il monaco, al contrario l’accessorio del tifoso fa identità e segnala l’appartenenza a una tribù – che è cosa assai diversa dall’adesione a una filosofia, a un ideale, a un programma o a un partito. Senza alcuna puzza sotto il naso si segnala quindi il calzino salviniano che spunta a righe, ma in tinta, sotto il pantalone, a sua volta un po’ “a zompafosso”. Con la dovuta enfasi si può dire che l’evoluzione dei calzini di governo, dalle invisibili giarrettiere degli elegantoni laici all’obiezione di coscienza di Calderoli passando per i bianchi e celesti pedalini al malleolo dei democristiani, accompagna la storia politica italiana. Salvini sembra aver spostato la questione sul piano della moda e del colore – in ciò autorizzando diversi giornalisti a rivendicare le loro osservazioni. Infine l’oggetto che ha in mano: il Rosario (già esibito in un comizio elettorale a piazza del Duomo). Oggetto di culto, ma anche oggetto magico e oggetto di scena. In ogni caso averlo tirato fuori anche al Quirinale non costituisce il massimo della laicità. Ma quest’ultima, francamente, sembra che debba proprio cedere il passo all’estetica e alla simbolica integrata del populismo, per cui Milan, Rosario e braccialetto: governante perfetto.