Archivi tag: Benito Mussolini

La verità sullo schiaffo di Toscanini

di Susanna Schimperna (huffingtonpost.it, 18 maggio 2022)

L’episodio, famosissimo perché spinse il Maestro a lasciare l’Italia, dove farà ritorno solo dopo la caduta del regime, nel 1946, è ricordato come “lo schiaffo di Toscanini”, il che può dar luogo ad equivoci: non fu lui a tirare uno schiaffo, ma lo prese. Sonoro. Assestato sulla guancia sinistra e vicino al labbro. 14 maggio 1931: al Teatro Comunale di Bologna è in programma un concerto per commemorare Giuseppe Martucci, e a dirigerlo sarà Arturo Toscanini.

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Jim Carrey lascia Twitter con un nudo contro Elon Musk

(repubblica.it, 30 novembre 2022)

Se manterrà la sua promessa, ci mancherà Jim Carrey su Twitter. Con la sua ironia, i suoi messaggi trasversali, le sue battute e anche i suoi attacchi, come quando ha messo a testa in giù Benito Mussolini suscitando l’ira della nipote Alessandra.

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“Marcia su Roma” svela le bugie del fascismo

di Francesco Boille (internazionale.it, 24 ottobre 2022)

«Sapevo di citare Mussolini. Mussolini era Mussolini. Ok. È una bella citazione, molto interessante. So chi l’ha detta. Ma che differenza fa se è Mussolini o qualcun altro? È sicuramente una frase molto interessante. C’è un motivo se ho 14 milioni di follower tra Facebook e Twitter. È una citazione interessante che può essere fonte di dibattito». Il prologo si concentra su Donald Trump.

I Wonder Pictures / Palomar Mediawan

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Una campagna elettorale show

di Michele Magno (ilfoglio.it, 24 settembre 2022)

All’inizio del Novecento l’avanguardia futurista italiana esaltava il varietà perché meraviglioso ed eccentrico, antintellettuale e popolare, capace di stupire, divertire, emozionare, abbindolare gli spettatori con la rapidità e il sensazionalismo del suo messaggio. Il teatro della sorpresa, come titolava il manifesto firmato da Filippo Tommaso Marinetti e Francesco Cangiullo nel 1921, doveva perciò gettare alle ortiche ogni scoria élitaria e diventare alogico, irreale. Artificio, comicità, imprevedibilità, testi scarni e insignificanti personaggi erano i canoni e i valori della drammaturgia futurista. Nel 1961 Martin Esslin pubblica The Theatre of the Absurd, dove campeggiano i nomi di Samuel Beckett, Eugène Ionesco, Jean Genet, capostipiti di un genere letterario celebre per il suo humour grottesco, le sue atmosfere surreali, il suo linguaggio ripetitivo, frammentato, privo di senso.

Ph. Domenico Stinellis / Ap

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I novant’anni della Mostra del cinema di Venezia

di Pietro Cabrio (ilpost.it, 25 agosto 2022)

Oltre un secolo fa, ben prima del turismo di massa e dello spopolamento di Venezia, le isole della Laguna erano frequentate da pochi e privilegiati viaggiatori stranieri, perlopiù russi, europei e nordamericani. A cavallo tra l’Otto e il Novecento, Venezia continuava a esercitare un grande fascino all’estero e su un certo turismo d’élite, ma era anche caduta in uno stato di decadimento che nel 1902 portò al crollo del campanile di San Marco, sbriciolatosi su sé stesso in un giorno di luglio dopo decenni d’incuria. L’evento fu significativo e risvegliò la città dal suo lungo torpore, almeno fino alla Seconda guerra mondiale. Già da fine Ottocento, l’aristocrazia locale rifletteva su come rinnovare la sua immagine e ridare slancio a una città che sembrava averne esauriti. Non a caso nel 1895 un gruppo di intellettuali sostenuto dai sindaci di quel decennio, Riccardo Selvatico e Filippo Grimani, aveva inaugurato ai Giardini di Castello «una serie biennale di esposizioni artistiche, in parte libere, in parte su inviti» che oggi conosciamo comunemente come la Biennale, una delle più importanti e longeve esposizioni d’arte contemporanea al mondo, la più grande in Italia.

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La fiamma neofascista che arde ancora nel simbolo di Giorgia Meloni

di Davide Maria De Luca (editorialedomani.it, 10 agosto 2022)

Fondata oltre trent’anni fa, la Lega oggi può vantarsi di essere il più antico partito politico italiano sopravvissuto. Ma anche con i suoi decenni di storia non può competere con la tradizione dei suoi alleati. Proprio in questi giorni, Fratelli d’Italia ha confermato che alle prossime elezioni correrà con lo stesso simbolo del 2018. La fiamma tricolore, che arderà sotto il nome “Giorgia Meloni”, si contende con la falce e martello e lo scudo crociato il titolo di più antico simbolo politico italiano ancora in uso. Inventato nel 1946 dal gruppo di reduci fascisti che avrebbe fondato il Movimento Sociale Italiano, la fiamma tricolore è sempre stata presente sulle schede elettorali per tutti gli ultimi settant’anni e rappresenta la continuità della tradizione politica postfascista, mai veramente interrotta e sopravvissuta a tutti i tentativi di riforma e rigenerazione.

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Quando Billy Wilder tentò di intervistare Freud su Mussolini

di Giacomo Galanti (huffingtonpost.it, 18 ottobre 2021)

Difficile dimenticare il reporter senza scrupoli interpretato da Kirk Douglas ne L’asso nella manica [Ace in the hole, 1951] che, pur di portare a casa lo scoop, rallenta il salvataggio di un uomo intrappolato in una caverna. Lo stesso vale per il demi-monde dei giornalisti-paparazzi di Viale del tramonto [Sunset Boulevard, 1950], fino a Prima pagina [The front page, 1974] con il duo Jack Lemmon e Walter Matthau. Tutti e tre i film portano la firma di Billy Wilder, che di giornalismo e di giornalisti se ne intendeva. Il celebre regista, cresciuto e formatosi tra Vienna e Berlino, prima di espatriare negli Stati Uniti a metà degli anni Trenta si era infatti fatto notare come cronista di livello.

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Meloni, Salvini e Grillo: l’eterna autobiografia fascista della nazione

di Christian Rocca (linkiesta.it, 11 ottobre 2021)

I fascisti e gli imbecilli ci sono, ci sono sempre stati, adorano farsi notare, anche se raramente sono stati così visibili e rumorosi come nell’era dell’ingegnerizzazione algoritmica della stupidità di massa. I fascisti e gli imbecilli si fanno sentire sia in remoto sia in presenza, all’assalto della Cgil, nei cortei no mask, no vax, no green pass e contro la casta, ma anche in televisione e in tre delle quattro forze politiche maggiori del Paese. In termini di adesione ai principi fascisti e dell’imbecillità, non c’è alcuna differenza tra le piazze grilline e quelle dei forconi, tra i seguaci del generale Pappalardo e i neo, ex, post camerati della Meloni, tra i baluba di Pontida e i patrioti del Barone Nero, tra i vaffanculo di Casaleggio e i gilet gialli di Di Maio, tra i seguaci di Orbán e quelli di Vox, tra i mozzorecchi di Bonafede e i giustizialisti quotidiani, tra i talk show complici dell’incenerimento del dibattito pubblico e gli intellettuali e i politici illusi di poter romanizzare i barbari.

Ph. Christopher Burns / Unsplash

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Fenomenologia di Conte sex symbol

di Filippo Ceccarelli (repubblica.it, 22 settembre 2021)

In quel misterioso e spesso vano product placement che è diventata oggi la politica dei partiti – ché nel frattempo il governo Draghi “va avanti” più che spedito –, l’altro giorno, a Rossano Calabro, è andato in scena uno scambio che certo riassume più di quanto si possa vedere nel video di pochi secondi che comprensibilmente ha preso a girare sui siti di informazione e sui social. E quindi: prima del comizio, da un luogo che potrebbe definirsi il backstage, una signora piccolina con i capelli biondi a caschetto ha cominciato a rumoreggiare: «Giuseppe, girati!» gli gridava.

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Fuori dal declino inseguendo un gol

di Riccardo Brizzi (quotidiano.net, 11 luglio 2021)

Le grandi imprese della Nazionale italiana di Calcio e l’entusiasmo che le ha accompagnate hanno spesso rappresentato spartiacque importanti nel nostro immaginario collettivo. Indipendentemente dai regimi politici. Il fascismo strumentalizzò ampiamente i trionfi mondiali del 1934 e del 1938 (e quello nel torneo di Calcio delle Olimpiadi berlinesi del 1936), presentandoli come il simbolo del ritrovato prestigio internazionale dell’Italia. Mussolini d’altronde veniva raffigurato dalla propaganda come “il primo sportivo d’Italia”, e i successi della Nazionale dovevano simboleggiare la fine dell’apatia atletica dell’Italietta liberale e la conferma della superiorità dell’uomo nuovo fascista.

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