Ecco a voi l’islamic pop, canzoni di contenuto religioso che sono anche hit mondiali

(linkiesta.it, 17 novembre 2017)

Non è noto a tutti, ma esiste un pop islamico. Non arabo, islamico. E il suo esponente più grande si chiama Maher Zain, una star di origine libanese (ma che vive in Svezia), acclamato in tutto il mondo.Maher_ZainHa 36 anni, più di 26 milioni di like su Facebook e, ogni mese, riceve almeno 100 milioni di visite su Youtube. È molto amato, sia dalle folle che dai capi di Stato: ad esempio, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è suo amico. Come scrive il New York Times, le sue hit sono ormai immancabili. Non c’è matrimonio islamico in cui non venga suonata la sua For the rest of my life. Lui non trascura nessuno: canta in arabo, la sua lingua madre, ma anche in turco e, quando capita, in malese. Non si scorda né dell’urdu né dell’indonesiano, nonostante non conosca queste lingue. Il suo pubblico (e anche il suo target) è la Umma, cioè l’intera popolazione musulmana, e non lo dimentica. Addirittura, incide versioni solo vocali delle sue canzoni. Lo fa per andare incontro ai musulmani più rigidi, che considerano la musica strumentale haram. Maher Zain, nato in Libano, si è spostato all’età di otto anni con famiglia e documenti falsi in Svezia. Fuggivano dalla guerra civile. All’epoca, ricorda, era solo un bambino e non capiva ciò che gli capitava. “Giocavo con la neve”. Crescendo, si è sempre dedicato alla musica, anche solo come hobby. Poi, l’incontro con Nadir Khayat, alias RedOne, produttore metà svedese e metà marocchino, lo stesso di Lady Gaga e di Shakira per capirsi. Insieme a lui vola negli Usa e, proprio mentre sta per sfondare, decide di tornare in Svezia. Qui ha una crisi di identità, ritrova la fede nell’Islam (“Non aveva senso che io fossi nato, poi andassi a lavorare, poi facessi ogni tanto qualcosa di divertente, e poi morissi. E fosse tutto qua”) e comincia un nuovo percorso. Nonostante si dica “al di fuori dalla politica” ha già espresso il suo apprezzamento per Erdoğan, ha denunciato i maltrattamenti dei Rohngya e si è detto preoccupato per quanto accade in Siria. Ma senza prendere posizioni precise. Anche perché, vista la frammentazione ideologica, politica e tribale del suo pubblico nel mondo, è meglio evitare di fare passi falsi.