Papaveri e papere

Storie (di) note – Sanremo di Filogamo è stravinto da Nilla Pizzi con un motivo “politico”. E il pubblico canta con lei una canzone che vende quasi subito 70mila copie

di Umberto Broccoli («Sette», suppl. al «Corriere della Sera», 14 novembre 2014)

1952, 28-30 gennaio. Questa volta partiamo dal Festival di Sanremo, in scena proprio in quei tre giorni. Presenta Nunzio Filogamo, quello del “miei cari amici vicini e lontani, buonasera a tutti ovunque voi siate”, quello del successo radiofonico infinito dei Quattro moschettieri di Nizza e Morbelli in grado di tenere incollati milioni di ascoltatori tra 1934 e 1936, tutti a guardare dentro l’altoparlante per capire di più e meglio le parole dette.Papaveri-PapereNunzio Filogamo, presentatore elegante dalla “erre” leggermente blesa, apre le danze il 28 gennaio e gli italiani lo seguono in radio. Tendenzialmente in queste Storie (di) note inizio raccontando fatti storici per inquadrare il momento. Non ho abbandonato questa consuetudine, poiché vince quel Festival Vola colomba e canta Nilla Pizzi. È canzone politica. Oggi non è immaginabile, ma allora in quel 1952 Trieste non era italiana divisa come era in zone di influenza. Le solite: da una parte il blocco occidentale e dall’altra il blocco orientale ben rappresentato da un maresciallo Tito, premier della Jugoslavia unita e devota all’Unione Sovietica, sempre pronto a dichiarare come e quanto il suo regno-territorio slavo potesse prima o poi estendersi fino a tutta la pianura padana compresa. Nilla trionfa a Sanremo con “Vola colomba bianca vola / diglielo tu che tornerò” e cantando racconta la storia di due ragazzi triestini allontanati proprio dalla divisione politica. Per cui affidano i loro pensieri d’amore a una colomba bianca in volo da una zona all’altra di Trieste. Una anticipazione alata degli sms, concepita però senza abbreviazioni geroglifiche (TVB, TAT, xCHÈ, 6 MIO e così via). Anzi le parole della canzone fluiscono in rima baciata e volano sulla bocca di triestini e non, quando il 24 marzo la polizia militare inglese interviene per disperdere a manganellate i manifestanti per l’italianità della città. Non solo. Due anni dopo, il 26 ottobre 1954, i bersaglieri entrano in città con l’accordo di tutti e il tricolore italiano sventola sul torrione del castello di San Giusto. Accanto all’inno nazionale per le strade di Trieste la gente canta “Vola colomba bianca vola”. I bei tosi (i bei ragazzi) e le mule (le ragazze triestine, tutte belle quindi è inutile specificare) hanno le lacrime agli occhi vuoi per felicità, vuoi per commozione e soprattutto per quel tricolore al vento accompagnato dai rintocchi del campanon de San Giusto. 1952, Festival di Sanremo. È politica anche la seconda canzone classificata. È sempre Nilla a cantare nella serata finale, perché nel Festival degli esordi la canzone era protagonista e i cantanti erano tali, limitandosi unicamente a dar voce a note e parole. Appena Nilla inizia, tutto il pubblico in sala segue battendo le mani a tempo e intona: “Lo sai che i papaveri son alti alti alti / e tu sei piccolina e tu sei piccolina / lo sai che i papaveri son alti alti alti / sei nata paperina che cosa ci vuoi far”. È Papaveri e papere, canzone mito firmata da Nino Rastelli, Mario Panzeri, Vittorio Mascheroni. Vende quasi subito settantamila copie, diventa un successo internazionale, entra di prepotenza nella cultura popolare di proverbi e filastrocche. Da allora non credo siano mai esistiti bambini addormentati o svegliati dalle vicende delle papere contro i papaveri. Una specie di batracomiomachia (la battaglia di topi contro rane), qui combattuta a colpi di metafore. Già perché Papaveri e papere è giudicata allusiva nei confronti della classe dirigente: i papaveri, appunto. E riascoltando la strofa iniziale sembra proprio di rivedere all’opera certa politica, non necessariamente datata 1952: “Su un campo di grano che dirvi non so / un dì paperina col babbo passò / e vide degli alti papaveri al sole brillar e lì si incantò. / La papera al papero disse papà / pappare i papaveri come si fa / non puoi tu pappare i papaveri disse papà. / E aggiunse poi beccando l’insalata / che cosa ci vuoi far così è la vita”. Piove di tutto su quei papaveri: polemiche, indignazioni, interrogazioni parlamentari. “Ma come si permette una canzonetta di prendere in giro la serietà della politica?”. Già, come si permette. Per cui del 13 maggio è la proposta della legge “polivalente” per disciplinare la stampa, intervenire sul disfattismo di organizzazioni contrarie alle scelte istituzionali. Il giorno dopo prende un corpo segreto il “Piano Demagnetize”, caldeggiato dai servizi segreti Usa per tenere sotto controllo tutto quanto non fosse “Nato”, nata nel 1949, e il 20 maggio il Sant’Uffizio chiede alle autorità italiane una attenzione particolare nei confronti dei libri di certi scrittori. “Lo sai che i papaveri son alti alti alti”.

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