La banalità di Sgarbi

di Andrea Martella (huffingtonpost.it, 3 luglio 2023)

Quel che ora penso veramente è che il male non è mai “radicale”, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso “sfida”, come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”. Solo il bene è profondo e può essere radicale (Hannah Arendt, La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, 1964).

Ho visto, con uno sforzo sovrumano, il video integrale del tanto chiacchierato intervento del sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi al MAXXI di qualche giorno fa, in dialogo con il tuttologo Morgan e con il nuovo direttore del museo romano Alessandro Giuli. Arrivare alla fine è stata una performance privata di masochismo estremo. Inutile che stia qui a farvi il riassunto di quello che è successo, se siete tra le poche persone in Italia a non saperne nulla, la più classica delle ricerchine su Google vi farà venire fuori video, articoli, virgolettati, commenti in grado di spiegare ogni aberrazione, ogni decadenza, il turpiloquio, il maschilismo e tutto il resto in modo chiaro e puntuale molto meglio di quanto potrei fare io.

Voglio solo provare qui a guardare le cose da un altro punto di vista. Quando ero più giovane, abbonato in tribuna Tevere allo stadio Olimpico di Roma, uno dei quadranti del mondo con la più grande varietà culturale, possibile culla di studi antropologici e sociologici per la meravigliosa convivenza tra razze, classi e generazioni, ho imparato una massima di quelle che ti cambiano la vita, proveniente dal vasto serbatoio della saggezza popolare: «Nun è corpa tua, ma de chi te manna in campo» (credo sia facile tradurre dallo slang romano). Questa semplice frase, detta spesso dopo un passaggio sbagliato, una rimessa laterale storta, una papera del portiere o un gol fallito, mi ha sempre fatto pensare a una frase che Gesù Cristo disse a Pilato che gli ricordava di avere il potere di condannarlo a morte: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande» (Giovanni, 19,11).

Sono arrivato da tempo alla conclusione che Sgarbi sia semplicemente sopravvalutato. Da chi lo manda in campo, sì, ma anche da noi. Perché il potere siamo noi a darglielo, non solo le istituzioni. Siamo noi a giustificare spesso i contenuti più beceri in nome del curriculum, della posizione sociale. Dovrebbe parlare solo di arte, il resto è folklore. Questo sento spesso dire. Non è così. Iniziamo a vedere le cose in un altro modo, cominciamo a mettere le persone al livello che meritano, scopriamo che possono esserci altri modelli, altri riferimenti. Sgarbi, senza fronzoli, senza giustificazioni, è semplicemente e solamente banale, maledettamente banale. Senza scuse.

Fuori dal piedistallo non resta che una figura da trasmissione notturna degli anni Ottanta in replica sbiadita su una qualche televisione privata. Perché quando la banalità prende il sopravvento su tutto, su ogni possibile contenuto, sugli studi che hai fatto, sui tuoi ruoli e sui tuoi titoli, il tuo curriculum non conta più niente. Sei come il servitore che ha sepolto il suo talento nella sabbia, come il lato oscuro della forza, come un pittore che dipinge solo tramonti. La maggior parte delle persone vedrà questo video per la curiosità del linguaggio sguaiato e sboccato, non per la possibile divulgazione culturale, che infatti non è presente. Questa è la più grande sconfitta. L’arte, perdonatemi, qui non c’entra. Non c’entra più. E questa è la cosa più grave.

Hanno ragione i dipendenti e le dipendenti del museo, che hanno chiesto al loro nuovo direttore maggiore rispetto per il loro lavoro e per il luogo nel quale lo svolgono. A giudicare da quanto se ne sta parlando, l’inizio della nuova gestione del MAXXI, a livello di impatto mediatico, è stato un trionfo, bisogna dirlo, ma c’è tempo ancora per fare molto di più. Forse anche arte, chissà. Magari addirittura cultura. Io me lo auguro, da appassionato. Speriamo però sia senza pubblicità e non in replica notturna.