Risate e impegno. Clooney incontra la Merkel e Streep dice “Siamo tutti africani”

Nel primo giorno di festival il divo di Ave Cesare annuncia che parlerà con la Cancelliera dell’emergenza profughi mentre la presidente di giuria cita Kennedy. I Coen: “Trump eletto? Un film surreale”

di Arianna Finos (repubblica.it, 11 febbraio 2016)

Berlino — La Hollywood del talento e dell’impegno colonizza l’avvio della Berlinale accendendo i riflettori sulla crisi dei profughi. I divi arrivano con intenti chiari: George Clooney incontrerà la Cancelliera Angela Merkel: per discutere di rifugiati e politiche sui migranti.Merkel&Clooney“Ci vedremo domani, per discuterne. Voglio chiederle quale messaggio noi possiamo far passare, quale tipo di aiuto possiamo dare”, ha raccontato il divo, giunto alla Berlinale con i Fratelli Coen per il film di apertura Ave, Cesare! A chi gli ha chiesto se avrebbe preso in considerazione l’idea di un seguito di Syriana o altri film che affrontassero il tema di guerra e rifugiati ha risposto “affrontare questi temi è difficile, ho provato a lungo a fare un film sul Sudan e il Darfur, ma non è facile trovare il tono e la sceneggiatura giusti”. Meryl Streep, presidente di giuria di un festival che lo scorso anno ha assegnato l’Orso d’Oro al film Taxi Teheran fatto arrivare clandestinamente al festival dall’iraniano Jafar Panahi, si dice “onorata di essere stata chiamata al compito di presidente. Racconta la sua felicità di fare parte di una giuria a prevalenza femminile (quattro donne, tre uomini): “Io sono molto convinta che si debba favorire l’uguaglianza e l’integrazione di tutti, a prescindere dal sesso, dalla razza, dalla religione, dalla etnia delle persone. Per me è necessaria l’inclusione”. Ha proseguito sottolineando “Questa giuria questa volta è inclusiva, almeno per quel che riguarda le donne. E infatti le donne dominano, sono la maggioranza: una situazione decisamente inusuale negli organismi chiamati a prendere decisioni. Dunque penso che la Berlinale sia una lunghezza avanti, rispetto a questo tema. Il mondo dovrebbe essere gestito almeno a metà”. Ecco un riferimento diretto alle parole pronunciate da John Kennedy, “Ich bin ein Berliner”, che la Streep trasforma in “Siamo tutti africani, siamo tutti berlinesi”. Poi la diva scherza, alleggerendo l’atmosfera: “È bello fare il boss. Non ho mai guidato una giuria ma alla fine conta il fatto che io ho due voti e gli altri solo uno”. Sui criteri di giudizio dice “Un cuore compassionevole è importante per un’attrice. Mi rende attenta a osservare attentamente il lavoro di ogni persona”. In piena crisi migratoria e dopo che la Commissione europea ha esortato, mercoledì scorso, l’Unione Europea ad accelerare le procedure di accoglienza degli immigrati, la Berlinale quest’anno regala grande importanza alla questione: più di un milione di rifugiati, molto fuggiti dalla Siria in guerra, sono arrivati in Germania e molti continuano ad arrivare. In concorso, ad affrontare il tema è proprio l’italiano Gianfranco Rosi con il suo Fuocoammare, girato a Lampedusa. Ma il festival tedesco, da sempre attento alle problematiche contemporanee, ha organizzato anche iniziative per i rifugiati che spaziano dalla raccolta di fondi, biglietti riservati a immigrati. George Clooney & Channing Tatum, gara di fascino al servizio dei Coen. I fratelli Ethan e Joel si preparano a festeggiare San Valentino con il loro più grande amore, il cinema. E portano alla Berlinale – apertura perfetta – Ave, Cesare!, facendosi accompagnare da una parata di star: George Clooney, Josh Brolin, Channing Tatum, Tilda Swinton. Il risultato è stata una effervescente conferenza stampa, anche se a dominare è l’attualità dei rifugiati. Joel Coen racconta la genesi del film e la scelta del protagonista, Eddie Mannix, basato su un personaggio realmente esistito, il produttore esecutivo John “Eddie Mannix” famoso come “fixer”, cioè colui che aggiustava i problemi delle star e gli scandali delle loro vite private: “Ma il nostro personaggio è molto diverso da quello reale. L’abbiamo idealizzato come abbiamo regalato una versione romantica di Hollywood. Non abbiamo vissuto quell’epoca, non possiamo averne nostalgia. Si tratta più di affetto per una macchina per fare film, quella degli studios, che era ben disegnata. E ammirazione verso un cinema che non è quello che facciamo ma che ci piace”. Il regista si fa serio quando gli viene chiesto perché come cineasta non sente l’esigenza di affrontare il tema dell’immigrazione. “Non si può chiedere a un regista quale film raccontare. Ma lo scorso anno, presidenti di giuria a Cannes, io e Ethan abbiamo dato la Palma d’Oro a Deephan, un bellissimo film che affrontava proprio il tema dell’immigrazione”. Ave, Cesare! affronta pur se in modo esilarante il tema del maccartismo, la caccia ai comunisti negli anni Cinquanta. Ma quando gli si chiede una comparazione tra il maccartismo alla possibilità di un Donald Trump eletto presidente la risposta è secca “Sono entrambe cose spaventose, ma non posso davvero connettere il maccartismo degli anni Cinquanta con Trump. Se fosse eletto Trump entreremmo nel surreale”.