“We are the World”: un documentario racconta la notte che ha cambiato il pop

(hollywoodreporter.it, 20 gennaio 2024)

«Lasciate l’ego fuori dalla porta». È stato il motto del produttore Quincy Jones, anche scritto fuori dallo studio di registrazione, che ha permesso il 25 gennaio 1985 al dream team Usa for Africa, composto da 46 star della musica d’Oltreoceano (e non solo), di riunirsi e incidere in una notte, negli studi A&M di Los Angeles, We are the World, il brano nato a scopo benefico che ha fatto raccogliere oltre 80 milioni di dollari per combattere la fame in Africa – e in particolare in Etiopia, allora nel pieno di una grave carestia.

Una notte unica per un supergruppo, guidato da Lionel Richie e Michael Jackson (anche coautori della canzone) – insieme fra gli altri a Stevie Wonder, Tina Turner, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Ray Charles, Diana Ross, Billy Joel, Cyndi Lauper, Harry Belafonte, Dionne Warwick, Paul Simon, Willie Nelson, Bette Midler, Steve Perry, Kenny Rogers –, che ora viene raccontata fra dietro le quinte, filmati mai visti e testimonianze da We are the World: la notte che ha cambiato il pop, il documentario di Bao Nguyen al debutto al Sundance Film Festival, per poi approdare globalmente su Netflix dal 29 gennaio.

Un viaggio tracciato, nel film non fiction, principalmente da Lionel Richie (qui anche coproduttore), che si era attivato per Usa for Africa dopo una telefonata di Harry Belafonte, intenzionato a lanciare un progetto simile a quello realizzato in Gran Bretagna attraverso Band Aid e il brano Do they know it’s Christmas?, uscito poco più di un mese prima. «I più grandi artisti di una generazione si sono uniti per salvare delle vite ma abbiamo avuto solo una notte per farlo bene» spiega Richie nel documentario, che, dopo aver tentato con Stevie Wonder, propose di scrivere insieme il brano a Michael Jackson che, grazie al periodo insieme nella Motown, conosceva fin da bambino.

A ricordare cosa successe in quella recording session sono nelle interviste anche, fra gli altri, Bruce Springsteen, Dionne Warwick, Cyndi Lauper, Huey Lewis, Kenny Loggins, Sheila E, e Smokey Robinson. «Con il nostro film cerchiamo di immergere il pubblico in qualcosa che è molto presente, il ticchettio dell’orologio in quella stanza» spiega nelle note di produzione Bao Nguyen, già autore del documentario su Bruce Lee, Be Water. «Tutti erano sotto l’effetto dell’adrenalina». Con il film «vogliamo avere un pubblico completamente immerso in quella notte», ma anche riflettere «sull’impatto che ha avuto quel brano e quell’evento».

Memorie che prendono vita anche grazie al lavoro fatto dal regista sui dietro le quinte, video rimasti senza audio, ai quali ha potuto restituire un sonoro grazie alle registrazioni realizzate in quelle ore da David Breskin, un giornalista di Time incaricato di seguire fin dalle prime fasi tutta l’iniziativa. Così ritroviamo icone della musica fra chiacchiere, attese ma anche momenti di nervosismo e ansie. Da Bob Dylan, incerto su come eseguire il suo verso, che viene aiutato da Stevie Wonder (con tanto di imitazione del suo modo di cantare), a Diana Ross che chiede l’autografo sul suo spartito a Daryl Hall. Dall’entusiasmo di Ray Charles ai timori di Huey Lewis nel vedersi affidata la parte immaginata per Prince, che aveva detto no, nonostante ci fosse la sua amica Sheila E, oggi convinta di essere stata invitata solo per cercare di avere anche il folletto di Minneapolis. Il tutto con Richie e Jackson che, per tutta la notte, lavorano su versi, rapporti e armonizzazioni fino all’ultimo.

«L’uscita di quella canzone è stata un evento culturale globale» osserva la coproduttrice Julia Nottingham. «Era una cosa così difficile da realizzare e stranamente, guardando il nostro film, queste persone lo hanno fatto sembrare quasi facile. In un periodo di tre settimane due geni del songwriting si sono riuniti per un paio di giorni, e poi alcuni brillanti esperti di logistica hanno saputo portare insieme 46 artisti in quella stanza dove c’era una vera magia». E «secondo Lionel, in quella stanza c’era anche da parte di tutti tanta speranza [per il mondo, N.d.R.] che sarebbe difficile ritrovare adesso».