La leggenda dei tuffi Tom Daley, oro arcobaleno

(laregione.ch, 26 luglio 2021)

«Sono molto orgoglioso di essere gay e campione olimpico». Tom Daley aveva già rivelato la propria omosessualità otto anni fa, ma questa volta da Tokyo le sue parole sono rimbalzate anche in Paesi dove la comunità Lgbt spesso è costretta a vivere nell’ombra: al collo la medaglia d’oro appena conquistata nei tuffi sincronizzati dalla piattaforma di dieci metri, al fianco il compagno di squadra Matty Lee, il britannico ha mandato al mondo il suo messaggio arcobaleno dallo stesso tavolo della conferenza stampa a cui erano seduti gli altri quattro atleti finiti sul podio, i cinesi Yuan e Aisen e i russi Bondar e Minibayev.

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«Spero che ogni persona Lgbt possa capire che, a prescindere da quanta solitudine possa avvertire, non è sola. Voi potete raggiungere qualsiasi traguardo, e la famiglia che vi scegliete sarà pronta a sostenervi» ha detto il ventisettenne, applaudito da suo marito, il regista Dustin Lance Black, premio Oscar per la sceneggiatura del film Milk, e dal loro figlio Robbie. Ora Daley è uno dei centocinquanta Lgbt in gara ai Giochi di Tokyo, ma quando debuttò lui alle Olimpiadi, all’età di quattordici anni, la situazione era ben diversa: «Da giovane mi sentivo isolato, mi sembrava sempre di non andare bene per la società. Temevo di non riuscire a ottenere nulla per quello che ero».

Alla sua quarta Olimpiade, dopo due bronzi nel 2012 e nel 2016, finalmente per il tuffatore britannico è arrivata la tanto agognata medaglia d’oro. Insperata, oltretutto, perché un infortunio al ginocchio ha rischiato di estromettere Daley dall’appuntamento in Giappone, ma pure perché la coppia cinese formata da Cao-Chen, entrambi due volte campioni olimpici, sembrava lanciatissima verso un nuovo trionfo, prima di un errore nel quarto dei sei tuffi. È finita con i britannici a 471.81 punti e i cinesi a 470.58. «All’annuncio della vittoria ho iniziato a singhiozzare» ha raccontato Daley, che ha dedicato il successo al padre Rob, morto a quarant’anni per un tumore, dieci anni fa. «Non mi ha mai visto vincere una medaglia olimpica, sposarmi, avere un figlio, e non ha potuto insegnarmi a guidare, oppure andare a bere una birra al pub con me».