Musica e diplomazia: il K-pop canta al Nord. Ma Kim boccia la stella di “Gangnam Style”

di Guido Santevecchi («Corriere della Sera», 31 marzo 2018)

Pechino – C’è anche Psy, il divo del tormentone Gangnam Style, al tavolo dei colloqui tra le due Coree impegnate in un tour de force diplomatico. O meglio, c’è l’ombra del rapper sudcoreano, perché il governo di Seul avrebbe voluto mandarlo al Nord per un concertone e a quanto pare il regime di Pyongyang ha messo il veto.psy_gangnam_styleDi dossier da affrontare le delegazioni dei due Paesi ancora tecnicamente in guerra ne hanno parecchi e tutti delicati: la denuclearizzazione, i missili, le decine di migliaia di famiglie separate dalla cortina di ferro sul 38° Parallelo, l’embargo che strangola la Nord Corea. Gli emissari hanno poco tempo per definire l’agenda del vertice programmato per il 27 aprile tra Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in. Ma nel sottile gioco di segnali politici c’è anche la musica, con il vulcanico Psy. A febbraio, le Olimpiadi invernali in Sud Corea sono state allietate dalla presenza di un battaglione di majorettes e di un’orchestra di nordcoreane gentilmente spedite da Kim Jong-un (spese pagate dal governo di Seul e grande successo di pubblico). In questo bel clima di riconciliazione nazionale è il turno del governo di Seul di ricambiare, mandando al Nord le star del K-pop (che sta per il genere Korean pop). È stato concordato l’invio a Pyongyang per quattro giorni, dal 31 marzo al 3 aprile, di nove band sudiste, in tutto centosessanta tra cantanti, musicisti e tecnici di suono e luci. E qui si è aperto il caso Psy. I diplomatici hanno discusso tutti i dettagli: il titolo dei due concerti in programma, Arriva la Primavera!, che suggerisce anche una fioritura di buona volontà politica. I brani del repertorio, che saranno «interculturali», alcuni cari alla tradizione nordcoreana, altri lanciati dall’industria musicale sudcoreana. I particolari del negoziato sono stati tenuti riservati, perché non dev’essere facile evitare di urtare la sensibilità di Kim Jong-un, abituato a controllare tutto nella società della Repubblica democratica popolare di Corea. Tra i gruppi che hanno passato l’esame, salvo sorprese, ci sono le ragazze del gruppo Red Velvet e la vistosa Seo Hyeon, che ha reso celebre la band Girls Generation. Ma Psy, all’anagrafe Park Jae-sang, è la gloria nazionale del genere e di fronte alle domande pressanti della stampa di Seul, fonti del governo hanno dovuto ammettere che il rapper non potrà far parte della spedizione. Quando si dice K-pop, si pensa subito al videoclip di Gangnam Style che nel 2012 batté tutti i record mondiali, riprodotto oltre tre miliardi di volte su YouTube. In teoria, quel brano del quarantenne Psy non avrebbe dovuto creare imbarazzo alla propaganda di Pyongyang, anzi, avrebbe dovuto compiacerla, perché era basato sulla satira feroce dello stile di vita esagerato e un po’ cafone nel quartiere Gangnam di Seul. Invece, Psy è stato depennato dai nordcoreani. Come mai? I think tank abituati a valutare la gittata dei missili nordcoreani pensano che il rap di Psy sia troppo spregiudicato e aggressivo per il pubblico nordcoreano, addestrato ad assistere ai concerti seduto, in religioso silenzio prima dell’ovazione finale a comando. E poi, nel 2006 Psy aveva prodotto una parodia musicale della Nord Corea, che nel video presentava anche il papà di Kim Jong-un, il Caro Leader Kim Jong-il, prendendosi gioco dei suoi capelli cotonati. Il Dipartimento Propaganda di Pyongyang, guidato dalla sorella del Maresciallo Kim, probabilmente ha preso visione di quell’esibizione, non ha gradito, non ha dimenticato e non ha perdonato. Lista nera per Psy, niente rischi di «Pyongyang Style». Via libera per Seo Hyeon, incaricata di cantare anche Salice Blu, un motivo nordcoreano che secondo l’agiografia del regime fu composto da Kim Jong-il.