Pippo Franco, il freak all’italiana candidato con Michetti

di Stefano Ciavatta (ilfoglio.it, 28 agosto 2021)

“Ho accolto il suo invito proprio per poter essere utile all’arte, settore dimenticato nella Capitale. Ho una visione ampia di quello che si può fare, nella mia vita non sono stato solo attore ma anche pittore, scrittore, ho lavorato molto con il teatro, è un mondo che mi appartiene e che conosco bene”. Oggi è schierato con la lista civica di Enrico Michetti, ma Franco Pippo “detto Pippo Franco” (come comparirà nelle liste) ha già due precedenti: nel 2006 alle politiche fu capolista Lazio per il Senato nella lista della Democrazia Cristiana per le Autonomie di Gianfranco Rotondi, satellite della diaspora Dc dopo lo storico scioglimento, che aderiva alla Casa delle Libertà e presentò una lista unitaria alle elezioni con il Nuovo Psi di Gianni De Michelis.

Nel 2013 fu candidato sindaco di Roma alle primarie di Fratelli d’Italia per il comune di Roma (205 voti), primarie vinte dalla Meloni. Negli scrutini per il seggio più alto, il Quirinale, non è mai comparso, come invece il conte Lello Mascetti, tra i voti dispersi. La politica, come gli spettacoli, obbliga ai manifesti: torna quindi tra mille candidati la maschera del freak all’italiana, il volto stralunato, stempiato, bocca da joker, tutto nasca, uno scemo legato alla sua fisicità, brutto ma non bruttissimo, grottesco sì, non lo svampito emiliano-padano etereo ma il surrealista alla romana (“in verità mi considero nato a Milano, al Derby, dove per la prima volta mi hanno capito. Certo, la preferivo quando non somigliava a Dubai”) che fa conti con il Palazzo con il Bagaglino, da cantina rude a show su Rai1, principe di una risata matta che mescolava puro cabaret ad astrazioni avanguardiste, “un matto per famiglie, un onnivoro – dice Francesco Roggero del sito Orrore a 33 giri – persino fumettaro di cover di storie di spionaggio, che ha seguito il suo estro famelico e a differenza di Jannacci e Cochi & Renato, che volavano alti, ha gentrificato l’assurdo”, protagonista della commedia sexy, musicista, voce inconfondibile, cantante di dischi culto del filone demenziale come Cara Kiri (è stato il Freak Antoni della Capitale?) e di sigle sanremesi per teenager, neo Pasquino sostituto di Manfredi per Gigi Magni, perfido becchino per Billy Wilder (come Walter Chiari muto per Welles). Eccetera.

Di questo curriculum che fa gridare allo scandalo non rimane niente. Non sono tanto i capelli bianchi quanto il fatto che non c’è più traccia sul suo viso del sabba comico, nessun sussulto d’avanspettacolo. Nelle interviste Pippo Franco è un gentile signore senza l’affanno di presenziare al suo passato. Quel volto sghembo non c’è più, la scimmia del performer inclassificabile, quella petroliniana del Sanzionami questo, inno contro la perfida Albione, gli è scesa dalla schiena. Gli basta sapere di averlo fatto. Un’ultima strizzata d’occhio, un ghigno? Niente. Serafico e dismesso, non asseconda più il vecchio pubblico. Così facendo ha evitato un finale di carriera da cannone sparato, magari invidioso e geloso. Oltre le rarità bizzarre dei tempi d’oro, in catalogo rimangono i breviari di umorismo scritti a quattro mani con Antonio di Stefano per Mondadori: L’occasione fa l’uomo ragno. Strafalcioni, cartelli, scritte sui muri e altri capolavori di umorismo involontario, Qui chiavi subito. Insegne, annunci, cognomi e strafalcioni tutti da ridere, Non prenda niente tre volte al giorno. Il lato comico dell’esperienza umana.

Ma i suoi veri libri sono ben altri. Il comico è finito a scrivere di morte e spiritualità, senza rinnegare o abiurare il passato visto come un tutt’uno. Pensieri per vivere. Itinerario di evoluzione interiore, scritto nel 2001 per le Edizioni Mediterranee, punto di riferimento editoriale capitolino per spiritualismo, esoterismo e mindfulness, che hanno fatto conoscere Julius Evola al grosso pubblico, “certamente un milieu scettico nei confronti della politica, con nessuna fiducia nelle magnifiche sorti e progressive, ma che ha sempre generato molta attrazione da parte del mondo dello spettacolo”, come ricorda lo storico della romanistica Federico Gizzi, editrice con cui Pippo Franco esordisce proponendo il frutto dei propri studi e interessi in campo spirituale ed esoterico, “un libro da portare sempre che ci invita a percepire la nostra esistenza con occhi diversi, con spirito costruttivo, e a riordinare le esperienze liete o tristi che ci accadono come tasselli di un magnifico mosaico, tappe di un preciso percorso evolutivo”.

Nel 2003 la passione per l’esoterismo, i culti e le religioni era stata intercettata nel catasto del libro Fascisti immaginari. Tutto quello che c’è da sapere sulla Destra, di Luciano Lanna e Filippo Rossi (Vallecchi), con Pippo Franco lettore attratto dalla linea del mistico Georges Gurdjieff, quello di Incontri con uomini straordinari (Adelphi), e del filosofo russo Pëtr Uspenskij. Nel 2012 è la volta di La morte non esiste. La mia vita oltre i confini della vita, libro scritto con Rita Coruzzi per Piemme uscito proprio l’anno dopo la chiusura del Bagaglino, di cui Pippo Franco era stato icona: “non siamo esseri umani in cerca di esperienza spirituale ma essere spirituali in cerca di un’esperienza umana”. Una sapienza operativa, nel tentativo di modificare sé stessi e la propria natura tramite la rilettura di incontri ed eventi, e una scrittura divulgativa più che teorica. Difficile rintracciare qui il performer, ma al candidato in virtù del volto noto tocca comunque diventare meme per un giorno. Il paradosso è che su Pippo Franco gira, dagli albori del web, la grottesca, ridicola leggenda che lo accomunerebbe nel destino al presunto sosia di Paul McCartney.

Molti anni fa, nel 1998, sembrava che Pippo Franco potesse diventare direttore artistico di uno spazio che l’editore e libraio romano Carlo Signorelli, storico libraio di via del Corso, lanciava come il Salotto del Libro, “una delle librerie più grandi di Roma, con i suoi ottocento metri quadri a disposizione”, al posto del negozio di arredamento De Capitani, all’ angolo tra via della Pilotta e via IV Novembre, lì dal 1916. Tanti articoli, molti entusiasmi, “non tutti lo sanno – garantiva Signorelli – ma Pippo Franco nella sua vita privata è un uomo di grande cultura”. Non se ne fece nulla, la mega-libreria non aprì mai. Interrogando qualche altro libraio romano, il ricordo della faccenda è vago.