Fanculo John Wayne!

di Giulio Meotti (ilfoglio.it, 17 luglio 2020)

Prima il Partito Democratico di Orange County, la contea a Sud di Los Angeles, che vuole cambiare il nome dell’aeroporto e abbattere la statua dedicata a John Wayne. Ora una scuola di cinema in California che annulla una mostra dedicata all’attore a causa di ciò che gli amministratori chiamano le sue «dichiarazioni razziste e omofobe» (risalgono a un’intervista a Playboy del 1970).

Ph. Mario Tama / Getty Images
Ph. Mario Tama / Getty Images

La School of Cinematic Arts dell’Università della California del Sud ha annunciato di aver annullato la mostra con foto d’archivio e costumi cinematografici, oggetti di scena e cimeli. Il figlio, Ethan Wayne, difende la memoria del padre, dicendo che non era affatto un «razzista». Duro il giudizio del regista Spike Lee: «Non sono mai stato un fan di John Wayne e John Ford e di quelle cazzate da cowboy. Li odio: i nativi americani raffigurati come selvaggi e animali… Fanculo John Wayne!». Il celebre attore incarna un’America che appare oggi così lontana, così desueta, così retriva, rispetto al movimento che rilegge non solo la Storia del Cinema, ma la Storia tour court, attraverso le lenti della “intersezionalità”.

Basta riprendere le parole che Wayne pronunciò nel 1970: «È colpa di certi politicanti disfattisti. Colpa dei radicali del cavolo. Dannata gentaglia, vorrebbero che in questo Paese nessuno parlasse più di patriottismo. Ma si sbagliano, dico io. I cosiddetti intellettuali non capiscono l’anima del popolo americano». O come quando, alla domanda su quale fosse la sua canzone preferita, Wayne disse: «Non posso mai farla suonare da nessuna orchestra, costringerei tutti ad alzarsi in piedi: è l’inno nazionale».

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