La battaglia ad Alamo per il museo con le donazioni di Phil Collins

di Veronique Viriglio (agi.it, 20 ottobre 2021)

Ad Alamo, nello Stato del Texas, 430 cimeli donati dall’artista britannico Phil Collins sono al centro di una battaglia ideologica e legale sull’allestimento di un museo commemorativo di un’altra battaglia, quella combattuta nel 1836 tra l’esercito messicano e i texani. A scontrarsi e bloccare la creazione dello spazio espositivo sono due linee politiche opposte in merito al messaggio da veicolare, ma soprattutto su chi celebrare. Ammiratore del selvaggio West con una devozione particolare per il personaggio di Davy Crockett, il 70enne batterista e cantante dei Genesis ha pensato bene di fare un’importante donazione, nel 2014, della sua collezione: centinaia di oggetti di metallo e di carta, provenienti direttamente dal teatro della battaglia per l’indipendenza del territorio – oggi nello Stato del Texas – dal Messico.

The Alamo via Twitter

Si tratta di proiettili di moschetto ritrovati nella zona, documenti firmati da Crockett, ordini di battaglia del generale messicano Santa Anna e coltelli come quelli usati da Jim Bowie. La condizione stabilita da Collins era che lo Stato del Texas, di cui è diventato cittadino onorario, li utilizzasse per dare vita ad un nuovo museo, a quanto pare in parte finanziato dalla popstar. È una pagina della storia degli Stati Uniti entrata nel cuore di Collins sin da ragazzo, con il film della Disney Davy Crockett: King of the Wild Frontier, e nel 1960, quando John Wayne lo ha interpretato. A coronare il tutto, l’analisi di uno psicologo che nel 2006 ha assicurato a Collins che è la reincarnazione di un soldato di Alamo, un certo John W. Smith, che partecipò alla celebre battaglia e diventò il primo cittadino di San Antonio, il forte-missione allora conteso tra il Messico e gli indipendentisti texani. Nel 1836 un piccolo gruppo di circa 200 uomini tra proprietari terrieri messicani con la voglia di indipendenza e avventurieri in cerca di gloria, tra cui Crocket – che morì combattendo –, scesero in strada per lottare contro le truppe del generale Antonio Lopez de Santa Anna. Ad Alamo prima vinse l’esercito messicano, ma due mesi dopo le truppe texane si presero la rivincita nella battaglia di San Giacinto al grido di “Ricordatevi di Alamo!”. Il generale Santa Anna fu fatto prigioniero e costretto a firmare una pace che concedeva al Texas l’indipendenza.

La battaglia di Alamo fu, dunque, un momento cardine nella storia degli Stati Uniti: per questo motivo è uno dei luoghi più visitati del Texas, con circa 1,6 milioni di turisti l’anno prima della pandemia. Una storia di frontiera ancora oggi travagliata – soprattutto per il muro anti-immigrazione – e che ancora una volta si sta riaffacciando ad Alamo. Da settimane i comitati di cittadini contestano l’esposizione di cimeli donati da Collins perché, secondo loro, raccontano solo i combattenti bianchi e ignorano i Tejanos, ovvero i texani di origine messicana, che hanno combattuto al loro fianco. Il dibattito si sta facendo così acceso che recentemente i turisti in visita ad Alamo hanno dovuto aggirare i manifestanti armati per raggiungere la sua chiesa iconica. Gli attivisti locali e alcuni dirigenti politici stanno chiedendo un riconoscimento dei neri, dei nativi americani e dei Tejanos, mentre Collins e i sostenitori di Alamo intendono commemorare il contributo di quanti hanno difeso il fortino, puntando sulla sola figura, o quasi, di Crockett e dei bianchi. Tra queste due linee opposte ne è emersa una terza più moderata, rappresentata dal vicegovernatore del Texas, il Repubblicano Dan Patrick, che ha suggerito di centrare il focus attorno a pochi personaggi, quali William Travis, Jim Bowie e, appunto, il pioniere del West Davy Crockett.

Phil Collins non ha commentato il conflitto su come gestire la raccolta dei suoi oggetti donati al Texas General Land Office, che sovrintende al sito storico. Il commissario dell’ufficio è George P. Bush, 45enne figlio dell’ex governatore della Florida Jeb Bush, pronipote di due presidenti degli Stati Uniti; Bush, che è di madre messicana, è tra coloro che hanno chiesto un maggiore riconoscimento del ruolo dei soldati messicani e dei Tejanos schieratisi con i coloni per difendere l’Alamo. Una nuova narrazione sulla storia e l’identità di Alamo – per un maggior riconoscimento dei coloni ispanici e dei soldati messicani, nonché del ruolo della colonizzazione e della schiavitù – rientra nel contesto della lotta portata avanti da un anno e mezzo dal movimento Black Lives Matter. Intanto, tagliando corto su polemiche e ritardi, l’Alamo Trust, l’organizzazione di beneficenza incaricata di creare il nuovo museo, ha assicurato che la sua “narrativa espositiva” sta ancora prendendo forma. Il mese scorso ha annunciato il progetto di una sala espositiva da 20 milioni di dollari e di un edificio per le collezioni. Il Trust prevede di costruire un museo più grande, da 140 milioni di dollari, da inaugurare nel 2026, in concomitanza con il 190° anniversario della battaglia.