L’anonimo sul “New York Times” ci dice che Trump si rovina da solo

di Marina Viola (lettera43.it, 14 settembre 2018)

Da quando il New York Times ha pubblicato l’articolo anonimo mandato da un insider della Casa Bianca che lamenta un clima politico a dir poco inquietante, Donald Trump non riesce a darsi pace. Certo, il titolo dell’articolo non promette niente di buono: «I am part of the resistance inside the Trump Administration».dtLa persona che non osa firmarsi, perché dice che deve rimanere all’interno della Casa Bianca per evitare che il presidente faccia danni irreversibili, ha scritto: «Oltre alla sua massiva campagna di marketing che vuole mostrare la stampa come “il nemico del popolo”, gli impulsi del presidente Trump sono generalmente anti-commercio e anti-democratici». E questa è forse l’asserzione più positiva di tutto lo sfogo. L’autore dice anche di non essere l’unico a pensarla così, ma di essere parte, appunto, di una resistenza all’interno dell’amministrazione.

Credeva lo amassero tutti: come osano parlare male di lui?

Come se non bastasse il libro di Bob Woodward, già alla settima ristampa ancora prima di essere uscito, che riporta conversazioni di persone che ne dicono di cotte e di crude sull’instabilità mentale e la profonda ignoranza del presidente nel governare, adesso c’è pure qualcuno tra i suoi collaboratori più intimi che decide di non lavare i panni sporchi in casa. Per una persona della personalità di Trump, insicura e paranoica, questo è troppo. Credeva che tutti lo amassero e lo rispettassero e invece c’è qualcuno che osa parlare male di lui? E che manda un intero articolo sul giornale che lui chiama “Failing New York Times”?

Chi è il traditore? Mike Pence giura e si difende

Per giorni ci sono state innumerevoli teorie su chi questa persona sia: qualcuno pensava addirittura potesse essere il vicepresidente Mike Pence, che ha giurato e spergiurato di non c’entrare e si è reso disponibile per una dichiarazione attaccato alla macchina della verità. Rand Paul, senatore repubblicano del Kentucky, ha detto addirittura che tutti gli impiegati alla Casa Bianca dovrebbero essere costretti a fare un test del poligrafo. Si stanno cercando indizi a destra e a manca, si analizzano frasi, risposte, comportamenti, moventi. Chi dice che lo stile è quello di uno speech writer, e cioè di un autore di discorsi per i politici. C’è chi dice che potrebbe essere un fake, o una donna, o più persone insieme. C’è chi chiama l’autore codardo, uno che se proprio non gli piace l’ambiente dovrebbe avere il coraggio di andarsene. Insomma, sembra quasi di leggere un libro di Agatha Christie. Credo che mio padre, che scommetteva sui cavalli (generalmente quelli perdenti) e su tutto quello su cui poteva scommettere, avrebbe già perso uno stipendio su questo fatto.

I difetti del presidente: impulsività e rabbia a fiumi

Al di là di chi sia stato, il problema è che questa amministrazione sta mostrando davvero di non essere in grado di governare: quando anche dall’interno arrivano messaggi, sos e quando si arriva a voler usare la macchina della verità per scoprire chi ha osato lamentarsi, il clima lavorativo ma anche di fiducia è gravemente compromesso. Che Trump non sia in grado di fare il manager neanche di un fruttivendolo ormai è chiaro a tutti, che la sua impulsività e la rabbia che trapela da ogni tweet che manda ormai da più di un anno non possono che rovinare la sua immagine non è più un segreto. Un commentatore della Cnn l’altra sera ha persino detto che se il presidente riuscisse a mantenere anche un minimo di autocontrollo senza continuare a sparare a zero su tutti, è probabile che piacerebbe molto di più. Invece alla fine si sta davvero rovinando con le proprie mani: la sua popolarità, malgrado segni positivi nell’economia, sta precipitando a vista d’occhio.

La presunzione: pensare di potere fare tutto senza ripercussioni

Il Washington Post ha contato più di 4mila bugie dette dal presidente dall’inizio del suo mandato. Non è riuscito a dire che i nazisti sono cattivi, o che Vladimir Putin è un oligarca corrotto e mafioso; non è stato capace di resistere alla tentazione di pornostar e prostitute. Ha licenziato chi non la pensa come lui, ha preso in giro i disabili, ha fatto affermazioni razziste. Il suo avvocato personale è nelle grinfie dell’Fbi, pronto a dire tutto quello che sa sul suo conto. Ha soprattutto la presunzione di potersi permettere di fare quello che vuole senza ripercussioni. Se fosse riuscito invece a essere più moderato o a nascondere meglio i suoi lati più erratici, sarebbe davvero il presidente più popolare degli Stati Uniti. Ma d’altronde per fare tutto questo avrebbe dovuto essere una persona completamente diversa.

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