In Corea del Nord minorenni condannati per aver guardato serie tv proibite

di Gianluca Modolo (repubblica.it, 18 gennaio 2024)

Due ragazzi umiliati pubblicamente, davanti a centinaia di studenti riuniti in uno stadio, e condannati a dodici anni di lavori forzati. Tutti devono essere testimoni di come questi due sedicenni «non abbiano riflettuto profondamente sui loro errori», dicono gli agenti mentre ammanettano i due adolescenti rivelando agli altri presenti i loro nomi e pure gli indirizzi di casa. La loro colpa? Aver guardato serie televisive prodotte da quello che il dittatore Kim Jong-un ha appena classificato come “nemico numero uno”: la Corea del Sud.

Bbc

Il filmato, che sembra essere stato girato nel 2022, è stato pubblicato dal servizio in Coreano della Bbc: l’emittente lo ha ottenuto dal South and North Development (Sand), un istituto di ricerca che lavora con i disertori del Nord. «È stato distribuito in Corea del Nord per l’educazione ideologica e per mettere in guardia i cittadini dal guardare “registrazioni decadenti”», scrive la Bbc. La voce narrante nel video ripete la propaganda di Stato del Regno eremita: «La cultura del marcio regime fantoccio si è diffusa anche tra gli adolescenti. Hanno solo sedici anni, ma si sono rovinati il futuro». «Se ti beccano a guardare un programma americano puoi cavartela con una mazzetta, ma se guardi un programma sudcoreano ti sparano», dice un disertore nordcoreano alla Bbc.

Nel 2020 Pyongyang ha promulgato la “Legge sul rifiuto dell’ideologia e della cultura reazionaria”, dando un giro di vite al consumo e alla distribuzione di materiale culturale proveniente dal Sud che sta conquistando il resto del mondo: K-pop, K-drama. Due anni di lavori forzati per chi parla, scrive o canta nello stile sudcoreano; da cinque a quindici anni per chi guarda, ascolta o possiede film, registrazioni, pubblicazioni, libri, canzoni, disegni o fotografie provenienti dalla Repubblica di Corea; ergastolo o morte per chi importa e distribuisce tali materiali. La settimana scorsa, nel suo annuale rapporto, Human Rights Watch scriveva: «A marzo e aprile del 2023, diciassette giovani sono stati processati per aver guardato video non autorizzati: uno di loro è stato condannato a dieci anni di lavori forzati. Le nuove leggi incoraggiano inoltre le autorità a utilizzare processi pubblici ed esecuzioni per “risvegliare le masse”».

Sin dalla sua fondazione, il regime ha rigorosamente bloccato l’ingresso di qualsiasi informazione proveniente dall’esterno che potesse minacciare la sua stabilità e legittimità. La scorsa estate Seul ha provato a far ragionare Kim, invano, chiedendo la fine del cosiddetto “bando sul K-pop”. «L’élite al potere sente sempre più che la cultura pop sudcoreana minaccia il suo controllo», raccontava lo scorso agosto un ricercatore al Korea Times. «A differenza dei contenuti provenienti da altri Paesi, i nordcoreani possono entrare facilmente in sintonia con gli attori dei K-drama per ragioni linguistiche, il che potrebbe influenzare il modo in cui vedono la loro società ed eventualmente la necessità di cambiarla».

Intanto, il numero di disertori nordcoreani giunti in Corea del Sud è aumentato notevolmente nell’ultimo anno, raggiungendo quota 196, dopo un brusco calo dovuto alla pandemia di Covid-19, dichiara il governo sudcoreano. Tra gli ultimi arrivati – l’80% sono donne –, Seul ha sottolineato la presenza di una decina di membri dell’élite nordcoreana e l’aumento del numero di studenti e di diplomatici. La maggior parte di chi scappa dalla dittatura nordcoreana lo fa passando attraverso la Cina, poi entrando in un Paese terzo (come la Thailandia) e infine arrivando in Corea del Sud.

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