Golden Globes: tutti sul carro degli indignati

di Adalgisa Marrocco (huffingtonpost.it, 10 maggio 2021)

Ormai l’indignazione è di moda. E ogni occasione è buona. Così anche i divi più lontani dalle polemiche hanno alzato la voce puntando il dito contro i Golden Globes. “L’associazione dei giornalisti stranieri è sessista e discriminatoria e va riformata, fino quando non accadrà la boicotteremo”. Perfino Tom Cruise ha restituito le sue statuette e si è unito al coro di indignazione contro la Hollywood Foreign Press Association, che assegna il premio ai migliori film e programmi televisivi della stagione. I critici gridano all’ipocrisia delle star che – in alcuni casi storicamente lontane dall’attivismo – sembrano accorgersi soltanto adesso di un sistema che poco inclusivo lo è da sempre.

Getty Images
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Prese di posizione genuine, oppure generate dalla pressione mediatica e dall’opportunismo? Questo è il dilemma. Di certo c’è che, nell’ambito di pregresse polemiche, gli artisti (salvo eccezioni) non avevano mai fatto sentire così forte la loro voce denunciando i mali del settore. Ma quando è stato scoperchiato il “vaso di Pandora” dei Golden Globes? Correva il mese di febbraio e, a pochi giorni dall’edizione 2021, la testata Los Angeles Times sparava a zero sulla Hollywood Foreign Press Association, sottolineando l’assenza di giornalisti di colore tra i suoi 87 membri, la mancanza di pluralismo e di trasparenza nel suo funzionamento. Dopo le accuse la Hfpa è corsa ai ripari, annunciando la volontà di realizzare riforme volte ad ampliare l’organizzazione e a renderla più inclusiva. L’associazione ha aggiunto che renderà più cristalline le sue dinamiche interne e le sue regole di ammissione.

Nel frattempo, la Nbc ha fatto sapere che nel 2022 non trasmetterà la cerimonia dei Golden Globes, mentre Netflix e Amazon hanno detto che smetteranno di avere rapporti con la Hfpa fino a quando non andrà oltre con i suoi piani di riforma. Le promesse dell’associazione non sono bastate neanche a molte star, che le hanno ritenute insufficienti. Da qui, l’alzata di scudi. Anche da parte di chi non ne aveva mai sollevati prima. Scarlett Johansson, dall’alto delle sue cinque nomination ai Golden Globes, ha esortato tutto il settore cinematografico a boicottare l’Hfpa in assenza di sostanziose riforme interne. Nella sua invettiva, l’attrice ha inoltre ricordato di aver ricevuto “domande e osservazioni sessiste da parte di alcuni membri dell’Hfpa che rasentavano le molestie sessuali”. Strano pensare che si tratti della stessa Scarlett Johansson che poco più di un mese fa, intervistata dalla rivista britannica The Gentlewoman, aveva detto di “non credere che gli attori abbiano l’obbligo di avere un ruolo pubblico nella società”. “Il mio lavoro è riflettere le esperienze della vita ed essere uno specchio” aveva proseguito Johansson, sottolineando che il suo compito è quello di connettersi con il pubblico e farlo emozionare, ribadendo: “Quello è il mio lavoro. Il resto non è il mio lavoro”.

E poi: Hulk Smash! A scendere in campo anche Mark Ruffalo, che, accanto alla Johansson, veste i panni del gigante verde nella saga cinematografica degli Avengers. L’attore e attivista (lui sì!) si è unito alla protesta definendo le riforme annunciate dalla Hfpa “scoraggianti”. “Onestamente, come recente vincitore di un Golden Globe, non posso sentirmi orgoglioso o felice di essere destinatario di questo premio”. Solo un paio di mesi fa, ricevendo la statuetta come miglior attore di una serie drammatica per I know this much is true (Un volto, due destini), Ruffalo si era commosso e speranzoso aveva detto: “Dobbiamo essere coraggiosi, è il momento per la nostra nazione di voltare pagina per ottenere più giustizia e inclusione e per curare la nostra madre terra. La divina luce del buon senso sta squarciando l’orribile e oscura tempesta che abbiamo attraversato”. Luce che nel frattempo, deduciamo, deve essersi già spenta.

Infine, riprendendo da dove avevamo iniziato, ricordiamo la presa di posizione di Tom Cruise. “L’attore meno politico che restituisce i suoi tre Globes per protesta. Lo adoro. Pensi che se Cruise avesse vinto un Oscar lo avrebbe mai restituito?”, scrive sulle colonne del New York Post l’editorialista Maureen Callahan. Un dubbio, quello di Callahan, che sorge spontaneo se solo si ricorda l’hashtag #OscarsSoWhite: nato nel 2016, in questi anni ha più volte posto l’accento sulla carenza di attrici o attori neri nominati agli Oscar. And the winner is… “old white man”: ancora il Los Angeles Times, nel 2012, aveva rivelato dettagli sulla composizione dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che contava allora 5.765 membri con diritto di voto. Di costoro il 94% erano uomini, per il 77% bianchi, per il 54% over 60. Eppure nessuno ha mai rinunciato a quella statuetta. Insomma: l’indignazione val bene un Golden Globe, ma forse non un Oscar.