Casalino che usa la D’Urso come prova dell’esistenza di Tommaso Z.

di Enzo Boldi (giornalettismo.com, 16 novembre 2020)

Dove eravamo rimasti e a che punto siamo arrivati? Da sempre la televisione rappresenta il miglior (o il peggior) specchio della realtà che stiamo vivendo. Programmi, approfondimenti, trasmissioni varie che tentano di offrire uno spaccato della quotidianità e che, a volte, diventano anche un megafono. È il caso del piccolo Tommaso Z., bambino che fino a giovedì sera era solamente un nome (parzialmente oscurato), senza un volto. Poi, dal giorno dopo, “grazie” a Barbara D’Urso, è stata svelata anche la sua fisiognomica. Facciamo un piccolo riassunto.Tommaso_Z_5Tommaso Z. è quel bambino che ha scritto una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per chiedere come si sarebbe dovuto comportare Babbo Natale per arrivare nelle case degli italiani e lasciare i doni sotto l’albero. Un tema che, nella fantasia di un bambino, s’intreccia con quel macro-argomento delle restrizioni in atto per tentare di piegare la curva epidemiologica della pandemia in Italia. Insomma, tutti noi pensavamo che questa storia (al netto dell’ironia che ne è stata fatta) si fosse conclusa con la decisione di pubblicare il testo della lettera – con la risposta di Conte – sui canali social del capo del governo.

E, invece, non è andata a finire così. Nel piatto ricco – come spesso accade – ci si è infilata Barbara D’Urso, che venerdì 13 novembre, durante Pomeriggio 5, ha intervistato il piccolo Tommaso e i suoi genitori. Insomma: la storia e la lettera non sono un’invenzione di Rocco Casalino (come immediatamente scritto dai critici sui social), ma si tratta di un bambino reale che – coadiuvato dai genitori – ha scritto una lettera a Giuseppe Conte per chiedere notizie sull’arrivo di Babbo Natale. E, per testimoniare la veridicità di questa storia, il canale YouTube ufficiale (quello bollinato con la spunta) di Palazzo Chigi ha deciso di condividere la video-intervista fatta da Barbara D’Urso al piccolo Tommaso Z. In media veritas, dunque. Come se questo dovesse essere un argomento cruciale da condividere sui canali istituzionali.