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Troll factory: la macchina della propaganda delle dittature antioccidentali

16 Agosto 2024Readings on Star Politics#biolab, Anne Applebaum, autocrazia, Bashar al-Assad, Bill Clinton, Capitol Hill, China Daily, Cina, debunking, democrazia, Donald Trump, fake news, Fox News, Freedom House, Global Engagement Center (Gec), James Rubin, Joe Biden, Mark Warner, Nicolás Maduro, politica-per-media, propaganda, QAnon, Rrn, Russia, social media, star politics, The Atlantic, troll factory, Tucker Carlson, Ucraina, Usa 2024, Vladimir Putin, Xi JinpingStar Politics
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(linkiesta.it, 10 maggio 2024)

«La democrazia muore nell’oscurità» è il celebre sottotitolo del Washington Post. Ma la democrazia, come spiega il Premio Pulitzer Anne Applebaum sull’Atlantic, muore anche per colpa della propaganda illiberale perpetrata da Cina, Russia e dal Partito repubblicano. «L’innovazione economica e il potenziamento politico, che piaccia o no, andranno inevitabilmente di pari passo» disse il presidente Bill Clinton, nel 2000, alla John Hopkins School.

E aggiunse, con tanto di risata da parte del pubblico: «La Cina sta tentando di reprimere Internet, buona fortuna!». Nel 2024 sembra che le autarchie stiano riuscendo nel loro intento di controllare il flusso delle notizie che circolano in Rete grazie a un sistema che non solo vieta di usare certe parole nelle barre di ricerca (come “Tiananmen” in Cina), ma che «elimina i pensieri che portano le persone a diventare attivisti democratici o partecipare a proteste», sostiene Applebaum. Ma dato che le persone sono naturalmente attratte dai concetti di democrazia, libertà, diritti umani, i regimi vogliono avvelenare questi concetti.

Per fare ciò serve una narrativa che danneggi l’idea delle democrazie mondiali e gli strumenti per attuare il piano d’attacco. Gli strumenti identificati dalla Applebaum sono i siti d’informazione esteri controllati, direttamente o indirettamente, da autocrazie mondiali come Cina, Russia, Iran, Ungheria. Ma anche i centri e i programmi di scambio culturale. Queste notizie, poi, trovano una cassa di risonanza nel Partito repubblicano americano.

Esemplare è il caso della fake news sui laboratori biologici in Ucraina: all’inizio dell’invasione russa, Mosca iniziò a diffondere racconti sui laboratori segreti degli americani in territorio ucraino. La notizia venne smentita, con tante di prove inconfutabili, ma un account Twitter connesso al gruppo cospirativo QAnon iniziò a diffondere la fake news e l’hashtag #biolab raggiunse più di nove milioni di persone. La bugia venne ripresa anche dai media cinesi e da lì raggiunse l’Asia, l’Africa e l’America Latina. «La propaganda congiunta funzionò» spiega Applebaum. «Minò gli sforzi americani nel creare solidarietà con l’Ucraina e rafforzare le sanzioni verso la Russia. Sul fronte interno, inficiò le azioni che l’amministrazione di Joe Biden mise in campo per far sì che la pubblica opinione appoggiasse gli aiuti a Kyjiv».

Russia e Cina, le due principali fonti di disinformazione, però non hanno obiettivi simili: Pechino promuove sé stessa, i suoi successi e la sua narrativa personale riguardo il Tibet e Hong Kong. Mosca, invece, è più aggressiva e punta a distorcere il dibattito pubblico e le elezioni nei Paesi occidentali. «Tutte le autocrazie sono unite» si può leggere nell’articolo della Applebaum «non rispetto alle storie, ma rispetto a un set di idee o contro un determinato set di idee». Ad esempio, il presidente cinese Xi Jinping, all’inizio del suo mandato, segnalò come pericoli per la Cina le “democrazie costituzionali occidentali” e i “diritti universali dell’Uomo”.

Secondo Freedom House, un’associazione no profit che valuta il livello di democrazia degli Stati, esistono cinquantasei Paesi “non liberi”. Molti di loro, per mantenere il potere, però, non puntano a illudere i cittadini raccontando di un mondo perfetto. Il loro obiettivo è convincerli che l’alternativa democratica sia peggio, ad esempio prendendo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 come esempio del caos che porta la democrazia.

«Hanno un atteggiamento diverso nei confronti della realtà. Quando i leader sovietici mentivano, cercavano di far sembrare reali le loro falsità» dice Applebaum, «e si arrabbiavano quando qualcuno li accusava di mentire. Ma nella Russia di Vladimir Putin, nella Siria di Bashar al-Assad e nel Venezuela di Nicolás Maduro, i politici e i personaggi televisivi fanno un gioco diverso. Mentono costantemente, palesemente, ovviamente. Ma non si preoccupano di offrire controargomentazioni quando le loro bugie vengono smascherate. Dando così tante spiegazioni, come puoi sapere cosa è realmente successo? E se semplicemente non puoi saperlo? Se non sai cosa è successo, è improbabile che entri a far parte di un grande movimento per la democrazia o ascolti qualcuno che parla di un positivo cambiamento di politica. Non avrai intenzione di partecipare ad alcun dibattito politico».

Paura, cinismo, apatia e nichilismo, unite a disgusto e disdegno per la democrazia: questa la formula che le autocrazie vendono ai loro cittadini e all’estero. Il tutto grazie a un sistema d’informazione distorto, capillare e soprattutto a basso prezzo che riesce a competere con Reuters e Associated Press, due delle agenzie di news più famose al mondo. Spesso alcuni network, come China Daily, sono finanziati direttamente dallo Stato centrale. I mezzi d’informazioni delle autocrazie sono anche un fornitore di notizie per altri media: l’Iran offre le sue notizie a HispanTv, la versione spagnola di PressTv. RussiaTv si è appoggiata a satelliti cinesi durante l’invasione dell’Ucraina per diffondere la sua visione del mondo in Africa. Mentre Pechino forma giornalisti in giro per il mondo.

Un altro modo per attaccare la democrazia è quello di creare siti “sosia” delle testate più famose al mondo: «Rrn è una compagnia fondata dopo l’invasione russa dell’Ucraina e ha creato dei domini on line simili ai veri media, tipo Reuters.cfd al posto di Reuters.com» racconta la Applebaum. «Rrn è prolifico. Nella sua breve esistenza ha realizzato più di trecento siti destinati a Europa, Medio Oriente e America Latina. I link a questi siti sono fatti per rendere credibili i post di Facebook, Twitter e altri social media. Quando qualcuno scorre rapidamente, potrebbe non notare che un titolo si collega al falso sito Spiegel.pro, ad esempio, piuttosto che all’originale Spiegel.de».

In questo scenario, un fattore catalizzatore è il Partito Repubblicano di Donald Trump. La destra americana vuole far credere che la democrazia a stelle e strisce sia degenerata, che le elezioni erano illegittime e ad altre menzogne. Tutto questo facilita la propaganda di Mosca e di Pechino. Ritornando alla fake news dei laboratori biologici in Ucraina, il conduttore di Fox News Tucker Carlson mandò in onda il video di un generale russo e di un portavoce cinese che chiedevano all’amministrazione Biden di smettere di mentire.

Ma esistono degli anticorpi? «Emittenti straniere sostenute dal governo americano come Voice of America, Radio Free Europa/Radio Liberty, Radio Farda, Radio Martí esistono ancora, ma né il loro mandato né il loro finanziamento sono cambiati molto negli ultimi anni. Le agenzie di intelligence continuano a osservare cosa succede, ma per definizione non rientrano nel dibattito pubblico» spiega Applebaum. «L’unica agenzia governativa, abbastanza nuova, che combatte la propaganda antidemocratica è il Global Engagement Center (Gec), ma è nel Dipartimento di Stato e il suo mandato è di concentrarsi sulla propaganda autoritaria fuori dagli Stati Uniti».

Oggi il Gec conta centoventicinque impiegati e ha un budget di sessantuno milioni di dollari. Una cifra molto distante dai miliardi usati da Putin o Xi per diffondere fake news. Compito del Gec è identificare la propaganda avversaria prima che inizi: «Quando i giornalisti e i governanti sanno cosa sta per arrivare, la sanno riconoscere se capiterà quello scenario», ha spiegato a The Atlantic il direttore del Gec James Rubin.

Per quanto possa funzionare bene la Gec, il problema è che lavora solo all’esterno dei confini statunitensi. All’interno invece sono le social media companies a decidere come trattare, in maniera positiva (Meta di Mark Zuckerberg) e in maniera negativa (X di Elon Musk), le fake news straniere. Ma esistono anche alcune università e think tank che usano i loro mezzi per identificare i siti usati per la propaganda: quello che emerge dalle loro analisi è che i “bugiardi” più prolifici non sono i network russi o cinesi, bensì quelli repubblicani. Inoltre, questi ultimi usano ogni mezzo per screditare e costringere al silenzio chiunque voglia fare debunking.

Secondo il senatore Mark Warner, capo del comitato d’intelligence del Senato, «siamo meno preparati rispetto a quattro anni fa» per le influenze estere in campagna elettorale. Questo è frutto non solo del miglioramento della propaganda autoritaria, grazie anche all’uso dell’AI, o del perché gli americani hanno meno fiducia nelle istituzioni. È dovuto soprattutto al minor impegno delle media companies e degli istituti indipendenti di controllo, frenati dalle azioni legali». «Russia, Cina e a volte altri Stati secondari lavorano con gli americani per screditare la democrazia» scrive Anne Appleaum, «minare la credibilità dei suoi leader, prendere in giro le leggi. Fanno questo con l’intento di far eleggere Trump, la cui seconda presidenza potrebbe danneggiare l’immagine della democrazia nel mondo e la stabilità di quella americana».

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