Archivi tag: populismo

La saga dell’orologio di lusso e del candidato griffato

di Luca Telese (tpi.it, 11 settembre 2021)

Dura lex, sed Roléx. Da una settimana si continua a parlare di un orologio, di un Rolex, che poi non è un Rolex (si tratta di un Audemars Piguet, ma poco cambia), che è stato metaforicamente allacciato al polso della campagna elettorale romana, e che da lì – come se ci fosse entrato per endovena – si è trasfuso nel dibattito politico, diventandone un feticcio. Ieri Carlo Calenda ha chiuso una settimana di passioni e di polemiche con una tirata d’orecchi del candidato con cronografo che è balzato all’onore delle cronache per il suo costoso accessorio: «Ho difeso Roman a spada tratta, però anche basta co’ sto orrendo pataccone sempre in primo piano!».

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Feccia senza Rolex

di Maurizio Crippa (ilfoglio.it, 4 settembre 2021)

Forse un bel giorno scopriremo che tutta la feccia populista di sinistra (ma è fascismo tendenza woke, lo dice pure l’Economist) che vomita odio sui social è come la canea no pass, esiste solo sulla tastiera. Ma nell’attesa tocca contare l’ultima vittima di quella feccia: Roman Pastore, di anni 21, candidato con Azione di Carlo Calenda a Roma, bravo ragazzo cui il padre ha lasciato, in eredità, un Rolex. Dopo il massacro dei cani da tastiera, ha risposto alla capobranco.

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L’intreccio tra complotti e populismo in Italia

di Alessandro Calvi (Voxeurop / internazionale.it, 8 luglio 2021)

Il 23 maggio in Piemonte è precipitata una funivia: l’incidente ha causato quattordici morti. Il mattino dopo, l’ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, parlando alla radio, ha avanzato l’ipotesi di un attentato, poiché alcune delle vittime erano di origine israeliana. Il sospetto, come ammetterà lo stesso Mieli, poggiava però sul nulla. Questo episodio dimostra quanto sia facile, anche per i più “insospettabili”, scivolare dall’analisi della realtà verso teorie di natura complottistica, le quali, in genere, semplificano la complessità del reale, rassicurando chi le ascolta o costruendone l’identità.

Ph. Filippo Monteforte / Afp

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Anche la Bulgaria ha il suo Beppe Grillo

di Monica Perosino (lastampa.it, 12 luglio 2021)

Non sono bastati cento giorni per strappare la Bulgaria dall’incertezza, sospesa tra la voglia di lasciarsi alle spalle dieci anni di impero Borissov e i timori di affidarsi alle vaghe promesse del cantante anti-sistema Trifonov. Nemmeno le elezioni anticipate di ieri, necessarie dopo un nulla di fatto lo scorso 4 aprile, dicono in modo chiaro chi dovrà guidare la Bulgaria, con un testa a testa tra il partito Gerb di centrodestra guidato dall’ ex primo ministro Boyko Borissov e il rivale populista C’ è un popolo come questo (Itn) del popolare intrattenitore televisivo e cantante Slavi Trifonov.

Reuters

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Le sorprendenti elezioni in Bulgaria

(ilpost.it, 11 luglio 2021)

Le elezioni di oggi in Bulgaria per rinnovare il Parlamento sono incentrate su due personaggi molto differenti tra loro: uno – Boyko Borisov, primo ministro del Paese per ben tre volte – molto controverso e noto alle cronache europee; l’altro – Slavi Trifonov, cantante, comico e presentatore tv – quasi sconosciuto fuori dai confini nazionali, e considerato come un politico schivo, difficile da decifrare e con un programma di governo quasi inesistente. Dopo le elezioni – le seconde in pochi mesi –, il Parlamento dovrà dare la fiducia a un nuovo governo. Le ultime si erano tenute ad aprile e si erano risolte con un nulla di fatto: nessun partito era riuscito a ottenere abbastanza voti parlamentari per assicurarsi la fiducia.

slavishow.com

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Questo Grillo ricorda Berlusconi

di Ugo Magri (huffingtonpost.it, 28 giugno 2021)

Per quanto possa suonare provocatorio, sacrilego, addirittura osceno, c’è tanto in comune tra Berlusconi e Grillo. Il quale rispetto a Conte si sta comportando proprio come l’altro, otto anni fa, aveva trattato il povero Alfano: presi a pedate entrambi per lesa maestà. Variano i personaggi, cambiano le etichette, ma la storia inesorabile si ripete a conferma che la politica ha “corsi e ricorsi”, come direbbe Vico, ovvero il teatrino è sempre lo stesso. C’è un leader carismatico un po’ vecchio e spompato che finge di volersi ritirare, individua il presunto successore, lo incoraggia a farsi avanti, addirittura si incontrano per concordare il passaggio delle consegne e poi sul più bello, quando l’altro ormai si sente in tasca le chiavi di casa, bruscamente lo accompagna alla porta. Addio.

Ph. Simona Granati / Corbis via Getty Images

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Il teatro politico dell’indignazione

di Antonio Preiti (huffingtonpost.it, 5 maggio 2021)

Nell’era dell’indignazione e del risentimento la politica ha ancora un senso? O meglio, nell’era dell’indignazione e del risentimento, quale politica si può praticare? Siamo abituati a quella “razionale” (programmi, ideologie, verifica dell’azione di governo etc.), ma ci dice ancora qualcosa, interessa ancora qualcuno? Se non è questa, allora qual è? Guardiamo al potere degli influencer e da dove arriva: dal numero dei like? o da qualcosa di più radicale, di più profondo, anzi di più psicologico che politico? Vediamo. Immagino che nessuno abbia dubbi che proprio l’indignazione e il risentimento siano il segno dei tempi: se torniamo a qualche anno fa, l’indignazione e il risentimento erano la base emotiva (dunque quella più importante) del successo di tutti i movimenti populisti (termine qui denotativo e non connotativo).

Gremlin via Getty Images
Gremlin via Getty Images

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Il silenzio degli urlatori

di Francesco Cundari (ilfoglio.it, 1° maggio 2021)

Si sa che quel che conta più di tutto, nel teatro come nella vita, in politica come in letteratura (e secondo alcuni persino negli articoli di giornale), è il finale. Proprio per questo lascia stupefatti la conclusione cui sembra essere arrivato il MoVimento 5 Stelle, singolarissima creatura partitico-teatrale del comico Beppe Grillo, opera somma della politica spettacolo in Italia: un improvviso, interminabile, imbarazzato silenzio. La negazione di tutte le leggi dello spettacolo. La negazione di tutte le leggi della politica. Ma una conclusione che era fors’anche inevitabile per un movimento composto da persone, Grillo a parte, fondamentalmente negate per entrambe le cose.

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Fedez e il populismo inconsapevole della sinistra

di Pierfrancesco De Robertis (quotidiano.net, 4 maggio 2021)

Ciò che colpisce del “caso Fedez”, a distanza di due giorni dal divampare della crisi, non sono tanto le parole del rapper, il suo tentativo un po’ furbastro di mischiare le carte e censurare una telefonata di una dirigente Rai spacciandosi lui per censurato, quanto la reazione del mondo politico. “Fedez ha ragione”, “concordo con Fedez” e giù applausi. Il più duro di tutti ha provato a essere Salvini, direttamente chiamato in causa dal palco del concertone del primo maggio, con un proditorio “lo inviterò a prendere un caffè”. Sai che paura. Non c’è che dire, Fedez fa Fedez, cioè vende sé stesso nel confuso Ballarò dello spettacolo diventato politica e della politica diventata spettacolo.

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Casaleggio e dissociati

di Mario Lavia (linkiesta.it, 24 aprile 2021)

Il diluvio affoga i Cinquestelle sotto la congiunzione astrale della caduta di Beppe Grillo e dell’addio di Rousseau, cioè gli dei di un Movimento nato in sordina e in sordina entrato in crisi. Forse esiste un nesso fra i due accadimenti, forse no. Non è da escludere che Grillo sia andato fuori di testa certo per la vicenda giudiziaria del figlio ma chissà se anche perché da vecchio istrione ha sentito il fruscìo dell’ombra di Banquo recante il fallimento del più grande spettacolo della Seconda repubblica, a parte quello di Silvio Berlusconi; forse aveva previsto la fuga dell’impresario inopinatamente intitolato a Rousseau che sin qui garantiva la più colossale parodia della democrazia; e poi attori e comparse disertare le prove, e il pubblico rivolere indietro i soldi del biglietto.

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