di Alessandro Balbo (linkiesta.it, 22 novembre 2022)
«Vox Populi, Vox Dei». Voce di popolo, voce di Dio. La sentenza con cui Elon Musk ha decretato la riammissione di Donald Trump su Twitter dopo aver pubblicato un sondaggio sulla piattaforma, ora di sua proprietà, richiama concetti di natura biblica e medioevale, ma si fa anche manifesto della peggiore forma di populismo della nostra epoca.
La scelta di Elon Musk di riammettere su Twitter l’ex presidente statunitense Donald Trump ha fatto molto discutere, non solo per le implicazioni di un suo eventuale ritorno sulla piattaforma, ma anche per le modalità stesse con cui è stata presa la decisione. Musk ha annunciato la fine della messa al bando, che durava da quasi due anni, sostenendo di avere fatto la volontà del popolo.
E infine, il nuovo proprietario, Elon Musk, ha riammesso Donald Trump su Twitter, dal quale era stato bannato in seguito ai fatti di Capitol Hill, per incitazione alla violenza. Musk, che in questi giorni sta affrontando un esodo di personale che minaccia di far fallire il nuovo corso del social network, ha sempre detto che avrebbe riammesso Trump sulla piattaforma qualora ne fosse diventato il ceo, e così è stato.
Elon Musk, il nuovo patron di Twitter, ha lanciato un referendum sulla piattaforma che ha acquistato da poco per chiedere di votare sì o no al ritorno di Donald Trump sul social da cui era stato bandito all’indomani dell’assalto al Capitol del 6 gennaio 2021. Ieri Musk aveva riabilitato alcuni account, ma aveva detto di non aver ancora preso alcuna decisione su Trump.
Nella notte tra martedì e mercoledì Donald Trump ha annunciato che si candiderà per la presidenza degli Stati Uniti nelle elezioni previste nel novembre del 2024. L’annuncio è stato fatto dalla residenza in Florida dell’ex presidente, Mar-a-Lago, nonostante le crescenti pressioni da parte del partito Repubblicano: molti dirigenti speravano in un rinvio o perfino in una rinuncia dopo il risultato deludente del partito alle elezioni di metà mandato.
Il controverso rapper americano Kanye West è pronto ad acquistare Parler, il social network conservatore che ha avuto anche un ruolo nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 e che per questo era stato bandito da Google Play e App Store. Quella dell’artista, che è passato da Kanye a Ye, è una mossa che arriva dopo l’estromissione da Twitter per un post antisemita nei confronti dell’American Jewish Committee che già aveva segnalato i contenuti dei suoi post su Instagram.
Steve Bannon, ex consigliere e stratega dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è stato formalmente incriminato nello Stato di New York per riciclaggio di denaro, truffa e cospirazione per il caso dell’associazione “We Build The Wall”. L’associazione era stata fondata da Bannon e altri per raccogliere donazioni che avrebbero dovuto contribuire a costruire un muro in un tratto del confine tra Messico e Stati Uniti, allo scopo di fermare i migranti: si era però scoperto che una parte dei soldi raccolti era stata usata da Bannon e da altre tre persone per spese personali, e ad agosto del 2020 Bannon era stato arrestato. A gennaio del 2021, nel suo ultimo giorno da presidente, Trump aveva concesso la grazia a Bannon (e con lui ad altre 142 persone), evitandogli un processo federale per quelle accuse.
Google non ha approvato la distribuzione di Truth Social, l’app che permette di collegarsi al social network creato dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, sul Play Store, il servizio per scaricare e acquistare nuove applicazioni sugli smartphone Android: secondo Google, il social network violerebbe le norme sulla moderazione dei contenuti, in particolare rispetto alle minacce e all’incitamento alla violenza. Truth Social (“truth” significa “verità”) era stato presentato lo scorso ottobre, e la app è disponibile dallo scorso febbraio sull’App store di Apple (ma non ancora in Italia). Trump l’aveva creato come alternativa ai social network da cui era stato rimosso per il suo coinvolgimento nell’attacco al Congresso statunitense del 6 gennaio 2021: l’aveva descritta come la piattaforma che puntava a «dare una voce a tutti», «per opporsi alla tirannia delle società Big Tech» e «per combatterle».
di Tim Alberta (The Atlantic / internazionale.it, 18 agosto 2022)
Se Donald Trump ha commesso reati mentre abbandonava la Casa Bianca dovrebbe ricevere lo stesso trattamento di qualsiasi altro presunto criminale. Il motivo è semplice. Come disse John Adams, il nostro è un governo delle leggi, non un governo degli uomini. Nessuno, nemmeno un presidente, è al di sopra della legge. Ma allora perché mi sono sentito turbato osservando i servizi sulla perquisizione dell’Fbi a Mar-a-Lago? Probabilmente perché questo Paese si sta avvicinando a un livello di violenza politica mai visto dopo la Guerra Civile. Per chiunque abbia trascorso un po’ di tempo negli spazi fisici e virtuali della destra americana, questo fatto è evidente. Andate a una fiera delle armi. Visitate una chiesa di destra. Partecipate a un raduno di Trump. A prescindere dalle circostanze, le profezie sul giorno del giudizio si ripetono costanti. E fanno paura.
di Paolo von Schirach (linkiesta.it, 7 luglio 2022)
Cassidy Hutchinson, già parte dello staff della Casa Bianca di Trump, ha testimoniato recentemente di fronte alla Commissione della Camera che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021. Sotto giuramento, Hutchinson ha affermato che prima della sommossa il presidente Donald Trump era stato informato che alcuni dimostranti erano armati. Tuttavia, dopo aver osservato che non erano armati contro di lui, Trump non fece assolutamente niente per fermarli. Questa testimonianza, sommata ad altre centinaia, una volta che gli atti della Commissione saranno trasmessi al ministero della Giustizia, forse basta per una incriminazione formale di Trump per il reato di sedizione, e magari altro. Staremo a vedere. È troppo presto per fare pronostici attendibili. Ma anche se così fosse, anche se si potesse ipotizzare che Trump vada sotto processo e che sia alla fine condannato, la vera tragedia di questa vecchia repubblica non è nel fatto che Trump ha creato la crisi della democrazia americana.