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Censura e piattaforme: Trump dichiara guerra alle Big Tech

di Otto Lanzavecchia (formiche.net, 9 luglio 2021)

«Se lo possono fare a me, lo possono fare anche a voi – e credetemi, lo faranno». Dalle colonne del Wall Street Journal l’ex presidente americano Donald Trump si è lanciato in un durissimo j’accuse contro le Big Tech, le grandi corporazioni tecnologiche americane, e la loro decisione di sospenderlo dalle proprie piattaforme. L’editoriale è apparso giovedì, un giorno dopo la conferenza in cui ha annunciato di aver fatto partire tre class action distinte contro Facebook, Google e Twitter e i rispettivi ceo. Si sta prefigurando un caso di altissimo profilo.

Jialun Deng / The New York Times

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Donald Trump si è pentito di non aver vietato Facebook e Twitter mentre era presidente

di Ilaria Roncone (giornalettismo.com, 9 giugno 2021)

Con un social network naufragato ancor prima di essere annunciato, Donald Trump sulla questione di Twitter in Nigeria ha rilasciato una serie di dichiarazioni su quanto accaduto la scorsa settimana. Twitter ha deciso di rimuovere un post di Muhammadu Buhari contro i secessionisti e il governo ha provveduto a bannare Twitter dal Paese. Decisione celebrata dall’ex presidente degli Stati Uniti, che è arrivato a congratularsi con la Nigeria per l’azione compiuta contro la piattaforma che «ha messo al bando il suo presidente». Si sente ovviamente toccato nell’intimo, il tycoon, tanto da dire che forse lui stesso avrebbe dovuto bannare Facebook e Twitter mentre era presidente.

Ipp / Zuma Press
Ipp / Zuma Press

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Donald Trump ha uno Studio Ovale come quello della Casa Bianca

di Fabiana Salsi (vanityfair.it, 14 aprile 2021)

Dopo aver perso le elezioni contro Joe Biden, Donald Trump evidentemente non si è ancora rassegnato, tanto che nella casa di Mar-a-Lago, dove si è ritirato appena terminato il suo mandato, ha persino ricreato un ufficio identico allo Studio Ovale: lo studio presidenziale all’interno della Casa Bianca, nonché il centro del potere degli Stati Uniti d’America. Il tycoon lo ha mostrato su Twitter, dove il suo profilo è ancora inattivo dopo essere stato bannato, sfruttando l’account di Stephen Miller, uno dei suoi più stretti collaboratori, consigliere quando era presidente, e ancora oggi considerato un ispiratore della sua politica di ultradestra.

Stephen Miller via Twitter / politico.com
Stephen Miller via Twitter / politico.com

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I tre club britannici che boicottano i social per protestare contro il razzismo

di Enzo Boldi (giornalettismo.com, 9 aprile 2021)

I razzisti di oggi vivono nascosti nell’ombra dei social. Pensano di non essere individuabili e denunciati per quel che scrivono, ma forse la loro ignoranza mentale li porta a non considerare che anche quel che si scrive sui social è passibile di reato. Adesso, però, anche il mondo del Calcio chiede rimedi esemplari contro questo disgustoso (e criminale) fenomeno. Il tutto è partito con la campagna Enough is Enough dello Swansea City, che boicotta i social. Poi, l’esempio del club gallese è stato seguito dal Birmingham City e dai Rangers di Glasgow. Così il Calcio britannico prova a dare un calcio al razzismo. «Come squadra di calcio, abbiamo visto molti dei nostri giocatori soggetti ad abusi abominevoli solo nelle ultime sette settimane e riteniamo che sia giusto prendere posizione contro comportamenti che sono un flagello per il nostro sport e la società in generale» si legge nel comunicato diramato giovedì pomeriggio sul sito ufficiale dello Swansea City.

@SwansOfficial via Twitter
@SwansOfficial via Twitter

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E se distinguere Vero e Falso su Internet fosse semplicemente impossibile?

di Stefano Piri (esquire.com, 12 febbraio 2021)

Nel gennaio del 1976 l’irruzione di un nuovo personaggio ravviva l’immaginario politico americano, ancora sbiadito dopo l’epocale perdita d’innocenza del Watergate. A portare agli onori delle cronache colei che presto sarà nota a ogni onesto lavoratore americano come Welfare Queen è il candidato alle primarie repubblicane Ronald Reagan, ex governatore della California, ex presidente del sindacato degli attori di Hollywood e soprattutto ex divo dei western anni Quaranta: uno che sa come si costruisce un personaggio, insomma. «A Chicago hanno scoperto questa donna: se ne andava in giro su una Cadillac e usava 80 nomi, 30 indirizzi e 15 numeri di telefono per raccogliere buoni pasto, pensioni sociali, pensioni da veterano per quattro mariti inesistenti morti in guerra. Il suo reddito non tassabile, da solo, arrivava a 150mila dollari all’anno».

RepresentUS
RepresentUS

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Dovremmo togliere Twitter a tutti i Capi di Stato?

(ilpost.it, 7 febbraio 2021)

È passato quasi un mese da quando il 9 gennaio Twitter aveva deciso di rimuovere il profilo del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in seguito ad alcuni suoi tweet che legittimavano l’attacco del 6 gennaio al Congresso. La decisione di Twitter ha fatto riemergere un dibattito che va avanti da tempo sui rischi che i social network diventino veicoli di propaganda politica, soprattutto se usati da politici di alto livello in maniera eccessiva e con toni aggressivi. Farhad Manjoo, editorialista del New York Times, si è chiesto se non sia più opportuno che a tutti i politici, e in particolare ai Capi di Stato e di governo, venga proibito l’utilizzo dei social network.

Afp
Afp

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Trump bandito da Twitter per sempre

(lastampa.it, 10 febbraio 2021)

Gli “stop sono permanenti”: quando “si è rimossi dalla piattaforma si è rimossi a prescindere” dalla carica, ovvero “se si è un commentatore, un direttore finanziario, un attuale o un ex funzionario pubblico”. Lo afferma il chief financial officer di Twitter, Ned Segal, in un’intervista a Cncb, rispondendo a una domanda su Donald Trump. La risposta implica che anche nel caso in cui Trump dovesse ricandidarsi non avrebbe accesso al suo account. La sospensione permanente decisa dal social in gennaio è la sanzione più dura prevista da Twitter, che non si può aggirare, come spiegato nell’help center di Twitter.

Ph. Justin Sullivan / Getty Images
Ph. Justin Sullivan / Getty Images

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I progetti di Twitter per ripensare le proprie regole

(ilpost.it, 14 gennaio 2021)

Jack Dorsey, il cofondatore e ceo di Twitter, ha scritto una serie di tweet per riflettere sulla sospensione definitiva dell’account del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulle sue conseguenze e su come da quello che è successo in questi giorni dovrebbero nascere nuove regole, per Twitter e per Internet. Nei primi tweet, Dorsey ha difeso la decisione di Twitter: «Non festeggio e non provo orgoglio per il fatto che abbiamo dovuto bloccare @realDonaldTrump da Twitter, né per come siamo arrivati a farlo». Tuttavia, Dorsey ritiene che per Twitter sia stata «la decisione giusta», perché è servita a limitare credibili minacce di violenza.

Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool
Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool

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Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

di Giacomo Aschacher (giornalettismo.com, 13 gennaio 2021)

Censura contro libertà d’espressione, la sfida sempre aperta è diventata il centro del dibattito di questi giorni in merito al ban sui social di Donald Trump, seguito dalla cancellazione del social network Parler sia dagli app store di Google e Apple sia da Aws, l’infrastruttura cloud di Amazon, seguito infine dalla cancellazione di oltre 70mila account collegati al movimento complottista QAnon. Può un social network come Twitter o Facebook arrogarsi il diritto di limitare o bloccare la libertà di espressione? La risposta è scontata: certo che può.Twitter-Trump Continua la lettura di Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

Salvini s’iscrive a Parler, poco dopo Parler è off line

di Lucio Fero (blitzquotidiano.it, 11 gennaio 2021)

Matteo Salvini si è iscritto a Parler. Forse un gesto di protesta contro Facebook giudicata sinistrorsa e contro Twitter giudicata mondialista, comunque contro le piattaforme forse ora giudicate nemiche del popolo. O forse quello di Salvini è un gesto di omaggio e solidarietà a Donald Trump che sulla stessa piattaforma, Parler appunto, si vede ospitato dopo che Facebook, Twitter e Amazon e tutti gli altri di quello che deve essere oppressivo pensiero unico hanno tolto dalle mani di Trump l’arma social. Tolta per evidenti motivi di ordine pubblico e salute pubblica. Il caso vuole che il giorno dopo l’iscrizione di Salvini, Parler sia stato messo off line.Salvini_Parler Continua la lettura di Salvini s’iscrive a Parler, poco dopo Parler è off line