Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, assieme alla first lady Melania, ha firmato il Take It Down Act, una misura promossa dalla moglie del presidente, che prevede pene più severe contro la diffusione on line di immagini intime non consensuali. È il cosiddetto “revenge porn”.
La missione spaziale statunitense Apollo 11, quella che il 20 luglio 1969 portò i primi esseri umani sulla Luna, è tra molte altre cose oggetto di diverse teorie del complotto, secondo cui le foto, i filmati e gli altri documenti sull’allunaggio sarebbero dei falsi. Uno degli argomenti più forti e più spesso utilizzati per respingere quelle teorie è che la notizia fu diffusa, per quanto laconicamente, anche dagli organi di stampa dell’Unione Sovietica, all’epoca impegnata contro gli Stati Uniti nella Guerra Fredda e nella corsa allo Spazio, e che avrebbe quindi avuto ogni interesse a svelare un’eventuale messinscena della Nasa.
Quando la scorsa settimana Elon Musk ha condiviso su X un’immagine che apparentemente ritraeva una Kamala Harris vestita da dittatrice comunista, è stato subito evidente che l’illustrazione era un falso creato dall’Intelligenza Artificiale. La candidata alla presidenza degli Stati Uniti del Partito Democratico – appena uscita da un dibattito decisamente positivo contro il suo avversario Donald Trump – non è comunista, e (per quanto ne sappiamo) nemmeno una cosplayer che s’ispira all’Unione Sovietica.
Secondo un nuovo rapporto dell’organizzazione no profit britannica Center for Countering Digital Hate, Elon Musk ha diffuso informazioni errate sulle elezioni statunitensi e sulla campagna presidenziale dei democratici in almeno 50 post sul social X. Come riporta Engadget, il ceo del centro, Imran Ahmed, sottolinea che l’assenza di una verifica dei fatti dimostra che l’attività di Musk nel contenere la diffusione delle bufale «sta fallendo, con il parallelo aumento del rischio di portare alla violenza nel mondo reale».
Sullo schermo ha l’aspetto e la voce di Yoon Suk-yeol, candidato alla presidenza della Corea del Sud. Ma in realtà è “AI Yoon”, il suo avatar prodotto con la tecnologia deepfake. In una sede della campagna elettorale, a Seoul, un gruppo di collaboratori giovani e alla moda utilizza l’Intelligenza Artificiale per tentare l’impossibile: rendere “cool” un politico sessantenne. Partendo da ore di filmati del candidato del partito d’opposizione, Potere del popolo, la squadra di geek ha creato un avatar digitale di Yoon Sul-yeol e ha lanciato AI Yoon nell’arena elettorale in vista delle presidenziali del 9 marzo. Il deepfake, la tecnologia digitale che permette di creare simulazioni iper-realistiche di persone reali, aveva già effettuato diverse incursioni nelle campagne digitali. Ma i creatori di AI Yoon pensano che la loro creatura sia il primo avatar deepfake ufficiale di un candidato.
La prima volta che qualcuno ha usato il termine deepfake era il 2017, Donald Trump era alla Casa Bianca da qualche mese, in Italia il presidente del Consiglio era Paolo Gentiloni e quella parola – usata da un manipolo di accademici e addetti ai lavori del settore dei media e del tech – era appena stata coniata per indicare un fiorente immondezzaio di fake pornografici che avevano iniziato a colpire diverse attrici di fama internazionale su Internet, un fenomeno tale da portare Reddit a proibire la pratica di innestare volti di star del cinema su corpi di pornostar. Due anni dopo, fuori da ogni bolla dei social network, a trasmettere il primo deepfake autoprodotto della televisione è però stato un “tg satirico” che va in onda da più di trent’anni, con ascolti che lo piazzano nell’Olimpo del nazionalpopolare italiano: Striscia la notizia, il programma di Antonio Ricci.
Nel gennaio del 1976 l’irruzione di un nuovo personaggio ravviva l’immaginario politico americano, ancora sbiadito dopo l’epocale perdita d’innocenza del Watergate. A portare agli onori delle cronache colei che presto sarà nota a ogni onesto lavoratore americano come Welfare Queen è il candidato alle primarie repubblicane Ronald Reagan, ex governatore della California, ex presidente del sindacato degli attori di Hollywood e soprattutto ex divo dei western anni Quaranta: uno che sa come si costruisce un personaggio, insomma. «A Chicago hanno scoperto questa donna: se ne andava in giro su una Cadillac e usava 80 nomi, 30 indirizzi e 15 numeri di telefono per raccogliere buoni pasto, pensioni sociali, pensioni da veterano per quattro mariti inesistenti morti in guerra. Il suo reddito non tassabile, da solo, arrivava a 150mila dollari all’anno».
Vi ricorda qualcuno il protagonista di Sassy Justice, la nuova serie creata dagli autori del cartone animato South Park? L’abbronzatura, gli occhi e la bocca sembrano quelli di Donald Trump. E in effetti lo sono. Perché Trey Parker e Matt Stone, le menti dietro questi video comparsi a sorpresa su YouTube e su alcuni canali televisivi americani, hanno usato il deepfake per mettere il viso del presidente degli Stati Uniti sopra quello dell’attore Peter Serafinowicz. Allo stesso modo in Sassy Justice ci sono il creatore di Facebook Mark Zuckerberg, il politico Al Gore e l’attore Michael Caine.Continua la lettura di “Sassy Justice”, la serie col deepfake di Donald Trump→
di Andrea Daniele Signorelli (wired.it, 6 marzo 2020)
Dall’epoca in cui si pensava che le nuove tecnologie digitali, a partire dai social network, avrebbero diffuso la democrazia in tutto il mondo sembra passato un secolo. Le primavere arabe, attraverso cui queste speranze si sono inizialmente diffuse, sono invece lontane solo dieci anni. E soprattutto non si sono concluse con il trionfo della libertà: l’Egitto è nelle mani di un nuovo dittatore e la Libia è una polveriera, per non parlare di Siria e Yemen.Continua la lettura di Il digitale nuoce gravemente alla democrazia?→
di Bruce Schneier (“The Atlantic” / internazionale.it, 17 gennaio 2020)
La stagione della campagna presidenziale statunitense è ufficialmente, ma davvero ufficialmente, arrivata, il che significa che è il momento di affrontare gli strani e insidiosi modi in cui la tecnologia sta distorcendo la politica. Una delle principali minacce che si profilano all’orizzonte è l’arrivo di personalità artificiali, destinate a dominare il dibattito politico.Continua la lettura di Il futuro della politica è in mano all’intelligenza artificiale→