Hanno raccolto fondi per sostenere lo sforzo bellico, girato gli States con i loro spettacoli di propaganda e film per galvanizzare l’opinione pubblica sulla necessità di combattere. E alcuni di loro hanno proprio combattuto, quando erano già stelle del cinema o lo sarebbero diventate di lì a poco.
Ottant’anni fa, il 12 aprile 1945, Franklin Delano Roosevelt si accasciò sulla scrivania mentre posava per un ritratto ufficiale: morì per un’emorragia cerebrale. A 63 anni, aveva cominciato da 85 giorni il suo quarto mandato come presidente degli Stati Uniti. Era anche tornato da meno di due mesi dalla Conferenza di Yalta, dove con Winston Churchill e Josif Stalin aveva preso decisioni fondamentali per il periodo successivo alla Seconda guerra mondiale.
L’incontro di Volodymyr Zelensky e Donald Trump di venerdì 28 febbraio, nello Studio Ovale della Casa Bianca, è stato particolarmente teso. La discussione è degenerata, i toni si sono alzati e ci sono state interruzioni a vicenda, alla presenza dei media. Alla fine, l’accordo sulle “terre rare” è saltato, il presidente ucraino se n’è andato anzitempo e la conferenza stampa congiunta è stata annullata.
di Pierluigi Battista (huffingtonpost.it, 21 febbraio 2025)
Siamo così schiacciati sul presente da pensare che nella politica tutto sia stato inventato adesso. Che siamo all’Anno Zero, che Silvio Berlusconi ha introdotto lo spettacolo nella politica, che con il trumpismo siamo al culmine del trionfo della personalizzazione della politica, che la politica è diventata irrimediabilmente schiava di codici estetici.
Quando nel 2016 ha cominciato a frequentare gli show televisivi per promuovere il suo libro Hillbilly Elegy, J.D. Vance, allora giovane venture capitalist cresciuto all’ombra del miliardario del tech Peter Thiel, aveva lo stile informale della Silicon Valley. Camicia senza cravatta, giacca spesso di velluto, a volte i jeans.
Il centenario della Marcia su Roma, Fratelli d’Italia con la fiamma nel simbolo, la trilogia M di Antonio Scurati, Dante pensatore di destra secondo il ministro Sangiuliano, il pestaggio al Liceo Michelangiolo di Firenze, Ignazio La Russa su Via Rasella, la cancel culture anglosassone hanno riacceso la discussione sull’eredità dei regimi coloniali degli ultimi due secoli fino a mettere in discussione non tanto le statue di schiavisti, monarchi e intellettuali (come il montanelloide dei giardini di Porta Venezia) ma persino quella dedicata a Gandhi – razzista!
«Miei cari, desidero parlare per qualche minuto di banche al popolo degli Stati Uniti: con i relativamente pochi che comprendono i meccanismi bancari, ma in particolare con la stragrande maggioranza di chi utilizza le banche per i conti correnti e i prelievi». Con un tono di voce calmo e amichevole, il 12 marzo 1933 l’allora presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, si rivolse alla popolazione attraverso la radio per comunicare un’importante riforma del sistema bancario, da tempo in forte crisi.
di Francesco Boille (internazionale.it, 24 ottobre 2022)
«Sapevo di citare Mussolini. Mussolini era Mussolini. Ok. È una bella citazione, molto interessante. So chi l’ha detta. Ma che differenza fa se è Mussolini o qualcun altro? È sicuramente una frase molto interessante. C’è un motivo se ho 14 milioni di follower tra Facebook e Twitter. È una citazione interessante che può essere fonte di dibattito». Il prologo si concentra su Donald Trump.
Il doodle animato che campeggia sulla homepage di Google di oggi, 9 giugno, è dedicato a Shirley Temple. L’attrice, cantante e ballerina è divenuta famosa nell’epoca d’oro di Hollywood debuttando da piccolissima sul grande schermo e diventando immediatamente una delle celebrità-bambine più conosciute al mondo. Nata a Santa Monica, Los Angeles, il 23 aprile 1928, figlia di un banchiere e di una ex ballerina, iniziò a studiare danza su pressioni della madre all’età di tre anni. Grazie al suo aspetto angelico, i boccoli dorati (anche se in realtà era castana), ma anche per via di una ferrea dedizione al lavoro, si guadagnò il primo grande ruolo cinematografico nel 1934 nel musical Il trionfo della vita, un film che doveva fare da cassa di risonanza alla propaganda del New Deal del presidente Roosevelt.
di Livia Capponi («Corriere della Sera – La Lettura», 17 gennaio 2016)
Il gesto a noi noto come “saluto romano”, con il braccio destro teso, alzato a circa 135 gradi dal corpo, e con le dita della mano unite, adottato dal regime fascista e poi dal nazismo, si presentava esplicitamente come un revival dell’eredità di Roma. Ma esisteva davvero quel gesto specifico di saluto nel mondo antico?
Jacques-Louis David, “Il giuramento degli Orazi” (Musée du Louvre, Parigi)