Si può dire? Berlusconi è imbarazzante ed è il più populista di tutti

di Francesco Cancellato (linkiesta.it, 14 febbraio 2018)

Forse varrebbe la pena di spendere due minuti sulla campagna elettorale di Silvio Berlusconi, una delle cose più imbarazzanti che si siano mai viste in politica. Intendiamoci: il mondo è strano e pieno di candidati bislacchi.Berlusconi_105E a volte gli elettori finiscono per essere più strani ancora, e premiarli, cascando come pere mature nel cesto delle loro analisi rozze, delle loro promesse irrealizzabili, dei loro proclami populisti. Ogni riferimento al Paese con la bandiera a stelle e strisce non è casuale. Qui, però, è quasi impossibile cascarci. Primo: Berlusconi è incandidabile, e infatti non si presenta alle elezioni, ma sul simbolo di Forza Italia compare la scritta Berlusconi presidente. E, ad oggi, è solo lui che compare in televisione, in radio, sui giornali per raccontare il programma forzista. Lui e nessun altro. Vale tutto, ok. Ma alzi la mano chi si ricorda un altro caso del genere, nella storia della politica mondiale. A sto punto, al prossimo giro, Renzi potrebbe ingaggiare George Clooney per presentare il programma del Pd al posto suo. What else? Secondo: Berlusconi non c’è con la testa. Ecco, lo abbiamo detto. E lo diciamo consapevoli dell’età che ha, e del sacrificio che sta facendo, animato dalla nobile intenzione di non regalare tutti i voti di centrodestra a Matteo Salvini – e di mettere Mediaset in buone mani, migliori di quelle dei cinesi del Milan, perlomeno. La gaffe clamorosa a Radio 105, in cui dice ai conduttori di essere cattivi e di fargli le domande che vogliono, mentre legge il copione di domande e risposte scritte, non accorgendosi di essere filmato, ci può stare, se quello fosse un vecchietto qualunque, non il re della comunicazione italiana degli ultimi cento anni. Non ci può stare il patetico intervento di ieri in Confcommercio, e lo diciamo senza ironia: fosse un nostro parente, una persona a cui vogliamo particolarmente bene, saremmo preoccupati per lui. La serie di strafalcioni inanellati – ha rivendicato di aver alzato le pensioni minime a mille lire, ha sostenuto che l’evasione fiscale in Italia ammonti a soli 800mila euro (“il doppio del Pil emerso che è di 1.600 euro”), ha proposto l’abolizione dell’Irpeg, la vecchia Imposta sul reddito delle persone giuridiche che non c’è più dal 2004 – e il linguaggio del corpo mentre li declamava non sono da persona in salute. Il terzo pezzo di problema riguarda noi, però: giornalisti, commentatori, opinione pubblica. Che a Berlusconi non abbiamo mai risparmiato nulla e che invece oggi assistiamo con indifferenza a questa sua ultima campagna elettorale, quasi come fosse una rockstar all’ultimo tour mondiale anziché un politico. Il motivo è auto-evidente: se Berlusconi riuscisse a rubare un po’ di voti a Lega e Cinque Stelle, col Pd in caduta libera, il governo di grande coalizione potrebbe non essere una chimera. Altrimenti, ciao core. La cosa curiosa è quanto a questa “operazione indulgenza” nei confronti di Berlusconi faccia da contraltare una pignoleria quasi speculare nei confronti di Matteo Renzi, la controparte di un’ipotetica grande coalizione. Cui non viene perdonata, dagli stessi giornalisti e commentatori, anche la minima virgola fuori posto. Un caso di scuola, anch’esso delle ultime ore: la tignosa requisitoria di Roberto Perotti su Repubblica sul costo del programma del Pd, con replica di Tommaso Nannicini e controreplica, ancora più tignosa, dell’ex commissario alla spending review. Che avrà tanti difetti, primo tra tutti l’assenza di un’idea forte, ma che è l’unico che potrebbe essere presentato senza vergogna fuori dai nostri confini. Come se tutto il resto là fuori, la flat tax, le pensioni a mille euro, il rimpatrio forzato di seicentomila migranti non esistessero. In questo non detto clamoroso – l’imprescindibilità di Berlusconi come “argine al populismo”, la sua palese e totale inadeguatezza – sta forse il vero cuore di tenebra di questa terribile campagna elettorale. Più precisamente, l’incredibile ipocrisia dell’establishment economico e culturale di questo Paese che gli concede indulgenza totale proprio quando meno se la merita. Ve lo ricordiamo, a mo’ di promemoria: se vale Berlusconi, questo Berlusconi, allora vale tutto, anche le panzane di Lega e Movimento Cinque Stelle. Poi non stupitevi, quando nelle urne troverete sorprese che non vi piacciono. Noi vi avevamo avvisati.