David Beckham e le altre. Le celebrity sono tutte femministe

di Manuel Peruzzo (ilfoglio.it, 26 novembre 2017)

Sono tutti femministi. David Beckham è icona di stile, calciatore da record, modello metrosexual e indossatore di intimo: da oggi è anche femminista. Intervistato da un giornale irlandese, alla tipica domanda con la quale si fanno i titoli negli ultimi anni, “sei femminista?”, ha risposto che certo che sì, ed essendo padre di tre maschi e di una femmina insegna ai tre il rispetto, perché “mio padre e mia madre mi hanno insegnato il rispetto verso mia sorella, verso mia madre, verso mia nonna”.BeckhamRespectCosa vorrà dire rispetto lo preciserà poco sotto: “Rispetto è per chi ama la leggerezza, gli agrumi, e i profumi non persistenti ma rinfrescanti”, perché “Rispetto”, in effetti, è anche il nome del profumo che stava promuovendo nella stessa intervista. È un segno dei tempi: prima per gli spot si usavano uomini seminudi che escono dall’acqua, oggi si usa il femminismo. Il femminismo ha occupato il posto del sesso per creare un contenuto avvincente sui giornali con cui titillarci. Da qualche anno è un trend glamour per vendere il prodotto più importante: sé stessi. Tutte le celebrità lo sono, e se non lo sono la notizia nel titolo diventa: “Lana Del Rey non è femminista” (come quando, errore suo, ha detto che le importava di più del mondo che sta cambiando, dello SpaceX, dell’intelligenza artificiale, di Elon Musk: poteva essere una risposta intelligente detta da un uomo, ma non detta da una cantante, alla quale, per il fatto d’essere donna, si richiede solidarietà e impegno civile). Quando hanno chiesto all’attrice di Big Bang Theory Kaley Cuoco se fosse femminista, lei ha risposto: “È grave se dico no?”. Vedi tu Kaley, poi ti tocca smentire e precisare che “la frase era al di fuori del contesto”. Ma ormai è tardi. Un tempo non era così. La domanda veniva rivolta a politici o figure pubbliche che erano politicamente attive nella lotta all’equiparazione. Le celebrità sceglievano intenzionalmente di esporsi in prima linea (Jodie Foster, Meryl Streep). Altrimenti facevano finta di non sentire la domanda, come quando, a un’apparizione pubblica con Barbara Bush nel 1990, un uomo urlò “lei è femminista?” a Raisa Gorbachev: fu ignorato. Fino a una decina d’anni fa Shakira diceva: “Ai ragazzi non piace che le donne dicano loro cosa fare. Gli ricorda le loro madri. Non vorrei suonare femminista nel dirlo”, che ancora significava: mi lavo i capelli, mi faccio i peli e sono sexy, tranquilli. Pericolo scampato. Geri Halliwell, nel 2007, sintetizzava lo stereotipo: “Per me il femminismo è roba da lesbiche che bruciano reggiseni. Molto poco glamour”. Cos’è cambiato? Nel 2011 Björk diceva di non essere femminista perché “è meglio chiedere che lamentarsi”, l’anno scorso in un’intervista disse che c’è una nuova ondata di femminismo che le ha fatto pensare “va bene, ora è il momento di lamentarsi”. Nel 2009 Lady Gaga diceva “Non sono femminista. Amo gli uomini”, un paio d’anni fa dichiarò all’uscita del suo singolo G.U.Y. che era una “femminista new age”. Intervistata dal Times nel 2010, Taylor Swift rispose che non ci aveva mai pensato (qualche anno dopo, al Time: “Il femminismo è probabilmente il movimento più importante che si può abbracciare”). Poi c’è Miley Cyrus, che quando leccava qualsiasi superficie e si dimenava in pubblico con pose sexy diceva: “Sono la più grande femminista del pianeta perché incito le donne a non avere paura di nulla”; oggi si pente: “Una volta che l’hai fatto è per sempre, mi seguirà per tutta la vita. Resterò sempre la ragazza nuda sulla palla demolitrice, quella che lecca il martello. Il peggiore incubo è che la suonino al mio funerale”. L’unica morta è la vecchia immagine di sé stessa. Intendiamoci, alcune di loro erano molto giovani e probabilmente non s’erano mai poste il problema o maturato una coscienza a riguardo. Non ci sarebbe nulla di male nel promuovere il femminismo se ci fosse un’idea condivisa di cosa significa oltre a frasi vaghe che vanno bene sia per il femminismo sia per una fragranza agrumata. Il problema di questo femminismo da celebrity è che serve più a vendere e rafforzare un’immagine di sé in linea coi tempi che a migliorare la condizione politica delle donne. Non sempre, fortunatamente. Se Beyoncé lotta per il diritto di alzarsi spettinata e “flawless” (ma lei, quando mai?), la comica Sarah Silverman ha devoluto l’incasso di una serata di A Night of a Thousand Vaginas per consentire alle texane di poter scegliere sui propri diritti riproduttivi. Forse è ora di smetterla di chiedere cosa può fare il femminismo per te (o di dirti femminista), ma cosa puoi fare tu per il femminismo e dirci in che modo intendi esserlo. Sono tutti femministi?