Iran, l’arresto e il tentativo di fuga dell’attore Mohammad Sadeghi in diretta Instagram

di Livia Paccarié (hollywoodreporter.it, 17 luglio 2023)

“Komak”, “aiuto”. È la mattina di domenica 16 luglio e Mohammad Sadeghi, attore iraniano, è aggrappato al davanzale della finestra del suo appartamento a Teheran. Ripete: “Komak”. Un attimo prima era in diretta su Instagram: «Per che cosa vivi? Perché vieni pagato? Per uccidere le donne e rapirle chiudendole in un furgone?» chiedeva alla polizia morale iraniana, accusando quelle pattuglie che agli angoli delle strade riempiono i loro furgoni con le “badhejab”, le “malvelate” – donne che indossano il velo, obbligatorio in Iran, «in modo inappropriato”.

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«State dichiarando una guerra», diceva Sadeghi in diretta, riferendosi a un recente video in cui un’agente afferra una ragazza senza hijab per farla salire su una camionetta. Anche lei urlava “Komak”. Lo avrà gridato anche Mahsa Jina Amini, la ventiduenne curda uccisa a settembre in seguito alle percosse ricevute da una pattuglia: il simbolo delle più lunghe proteste in Iran dall’inizio del regime khomeinista. Un attimo dopo quel video, Mohammad Sadeghi è sospeso in aria, in fuga dai pasdaran che hanno fatto irruzione in casa sua, sfondando le finestre del terzo piano. Lui ha ripreso tutto. E non c’è scampo, perché sotto il balcone è già pronta una squadra di pompieri chiamata dal Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) per venire a prenderlo. Sarà fermato. E arrestato.

Nonostante i (vani) tentativi del regime di eliminare Internet fin dall’inizio delle manifestazioni, Sadeghi, come altre personalità della musica e dello spettacolo, ha sostenuto attivamente la protesta, sfruttando il suo nutrito seguito di ammiratori. Per questo i membri dell’Irgc, impegnati da ormai dieci mesi in una brutale repressione, hanno sfondato le finestre di casa sua. Il suo arresto ha suscitato numerose reazioni di solidarietà sui social media. La scrittrice iraniana Maryam Manouchehri ha scritto su Twitter: «Guardateci oggi. Una giornata qualunque in Iran coincide col terribile attentato alla casa di Mohammad Sadeghi e il suo arresto». Molti i commenti anche da parte della comunità internazionale. Jason Brodsky, policy director dell’United Against Nuclear Iran (Uani) ha commentato l’arresto di Sadeghi su Twitter dicendo che «la più grande paura della Repubblica islamica è l’ira del suo popolo». L’attore, 38 anni, prima di apparire in note serie tv iraniane come Manneken e Afra, è stato un atleta di Taekwondo fino alla Nazionale giovanile. Ha poi abbandonato lo sport per dedicarsi all’arte, recitando a teatro al fianco di attori popolari come Mehdi Soltani e Rahim Nowrozi.

Sull’onda di una nuova campagna per imporre l’hijab, la polizia morale è tornata in piazza a pieno regime dopo una tregua di pochi mesi. Le donne, soprattutto a Teheran, continuano a sfidare il codice di abbigliamento ufficiale, nonostante la repressione. Si stima che siano stati uccisi oltre 500 manifestanti e quasi 20mila siano detenuti. Ma nei centri commerciali, nelle università, negli spazi pubblici, le donne mostrano i capelli e cantano inni di libertà. «La polizia svolgerà pattugliamenti in auto e a piedi per avvertire e sanzionare le persone che disobbediscono agli ordini e continuano a non rispettare il codice di abbigliamento» ha annunciato domenica il portavoce della polizia, Said Montazeralmahdi, citato dall’agenzia Tasnim.

Gli esperti temono che il rinnovato zelo della polizia morale rischi di riaccendere le tensioni, ora che l’attenzione dei media si è affievolita. Gli attivisti ricordano che all’inizio delle proteste i media occidentali, comprese le più importanti testate internazionali, avevano diffuso la notizia (falsa) secondo quale la polizia morale sarebbe stata abolita. Il giornalista iraniano Ahmed Zeidabadi ha scritto sul suo canale Telegram che «la Repubblica islamica ha due strade percorribili per quanto riguarda l’hijab». La prima è renderlo facoltativo. La seconda non è una strada ma un percorso che renderà necessario aumentare la capienza delle carceri «migliaia di volte».

L’anno scorso l’Iran ha messo a punto un comitato segreto per punire le celebrità che sostengono le proteste. In una lettera del 22 settembre, appena 6 giorni dopo l’inizio dei disordini, il comitato ha inviato al ministero dell’Economia un elenco di 141 personaggi noti. La lista includeva la leggenda del calcio Ali Daei e la famosa attrice Taraneh Alidoosti. La task force è presto diventata definitiva. Oltre ad Ali Daei e Taraneh Alidoosti, arrestati il 17 dicembre dopo aver condannato l’esecuzione di un manifestante e rilasciati su cauzione due settimane dopo, le celebrità nell’elenco includevano i registi Asghar Farhadi, Pegah Ahangarani, Manijeh Hekmat, Barzou Arjomand, Shahin Samadpour e l’ex conduttore televisivo Ehsan Karami. L’attrice Azadeh Samadi, due mesi fa, è stata bandita dai social media e un tribunale le ha imposto di sottoporsi a cure psicologiche per «disturbo antisociale di personalità». Tutto ciò dopo che si era recata a un funerale indossando un berretto. Anche al Festival di Cannes, due mesi fa, gli artisti iraniani hanno protestato contro le esecuzioni della Repubblica islamica. Il quinto giorno del Festival hanno mostrato le immagini di tre manifestanti impiccati nella città di Isfahan. Alla dimostrazione hanno partecipato Zar Amirabrahimi, noto attore, Kaveh Farnam, produttore, Sepideh Farsi e Milad Alami, registi.

Il famoso attore iraniano Ashkan Khatibi, che su Instagram conta quasi due milioni di follower, ha commentato lo sciopero degli attori di Hollywood chiedendo sostegno anche per gli attori iraniani. «Da una parte l’empatia suscitata dagli attori e sceneggiatori di Hollywood, con tutto il loro benessere, dall’altra la vita degli attori e sceneggiatori iraniani. Da una parte il paradiso, dall’altra l’inferno», ha detto. «Ogni giorno in Iran vengono vietati film o spettacoli, e gli artisti sono costantemente sotto osservazione da parte del governo. Le foto delle attrici e persino i loro nomi vengono rimossi dalle pubblicità, a certi personaggi nei film viene impedito di entrare in alcune città». Attori e artisti devono scontrarsi contro numerose limitazioni della libertà. «Il regime ha imposto migliaia di condizioni impossibili per l’uscita di film cui aveva concesso il permesso. A molti attori è stato bloccato il conto bancario».