Storia breve e avventurosa del pigiama

di Manuele Menconi (esquire.com, 3 aprile 2022)

Io resto a casa, o meglio #iorestoacasa. Dopo più di due anni la moda lavora ancora su questa ineludibile presa di posizione, anche se nel frattempo siamo usciti. Quella del leisurewear è una tendenza che si sta prolungando oltre la curva massima registrabile su un fenomeno e che rapidamente è sconfinato all’interno di altre tipologie del vestire, per alterarne le caratteristiche. Dal post-lockdown la maggior parte dei designer ha proposto collezioni con una modellistica revisionata, articolata su tagli più ampi e proporzioni generose per il corpo, tanto nel classico quanto nel casual e nello sportswear; anche i tessuti sono cambiati, più morbidi, naturali, in colori caldi e senza stampe, a enfatizzare un senso diffuso di protezione.

Il concetto di partenza è semplice: comodità. Lo hanno scoperto gli inglesi già nel XVII secolo, quando, con la Compagnia delle Indie Orientali, hanno navigato sulle acque di oceani lontani e dai nuovi porti all’entroterra di quei Paesi mitici sono tornati in madrepatria con il potere di un impero coloniale, tesori da gustare e da indossare. Riservato agli uomini, il pigiama, che in Persia era un capo utilizzato per il giorno da entrambi i sessi, diventa l’indumento da notte preferito dalla nobiltà e da una borghesia commerciale che vede crescere il suo potere e i suoi patrimoni, ma non va oltre il confine delle camere da letto di Londra e delle principali città d’Oltremanica. Gli altri europei, infatti, lo notano con quasi due secoli di ritardo, quando sulla Parigi delle Esposizioni Universali si accende la passione per un gusto esotico che si traduce in una serie di confusi esotismi.

Quel completo in due pezzi, pantalone tenuto in vita da un laccio e giacca, diventa il sostituto della camicia da notte. Una praticità svelta di cui ben presto si impadroniscono anche le signore; già nei primi del Novecento, molti sostengono per merito di Chanel, le più audaci lo indossano come costume per andare in spiaggia: gli esiti e le fortune future, al femminile, saranno sugellati dalle dive di Hollywood e dalla versione “palazzo” di Galitzine, interpretata allo sfinimento fino ad oggi. Ma torniamo a lui. Le pubblicità illustrate dei grandi magazzini di tutto il mondo, e quelle che completavano le pagine di quotidiani e riviste, sono piccoli capolavori di antropologia, compendi che restituiscono lo spaccato sociale e culturale dell’epoca. Per l’Occidente diventa una sorta di antenato della tuta, che sarebbe nata di lì a poco a Firenze dal genio di Thayaht: va bene, sì, per il mare, ma anche per il tempo libero e per viaggiare. In abbinata con quello della propria sposa, lo si può usare per ricevere gli ospiti a casa in un clima di perfetta informalità.

Fino a prima del secondo conflitto mondiale, vive il suo periodo d’oro e lo si trova declinato in stoffe e fantasie tra le più varie, dalla riga verticale, stretta e larga, tono su tono o a contrasto, alle stampe paisley fino al tartan. Si pongono le basi per come va costruito ancora oggi. Un sopra, che si può tagliare a camicia, a giacca o a cardigan con il colletto per l’inverno e senza, con le maniche corte, per l’estate; e un sotto, dritto e ampio, fino alle caviglie. Con i tessuti ci si può sbizzarrire: i preferiti e alla portata di tutti sono i cotoni nelle diverse pesantezze, dalla tela classica al filo di Scozia alla flanella e al jersey, più elastico e contemporaneo; poi la seta, liscia o operata e il lino, più fresco. Il cinema, di nuovo, agisce sull’immaginario e inventa l’identikit del suo portatore ideale, che è quasi sempre il protagonista/eroe della pellicola, dal noir alla commedia.

Col secondo dopoguerra e l’avvento del boom economico, cambiano le esigenze, si esce di più, si progetta per il fuori tanto nell’architettura e nel design quanto nel guardaroba. Quello che ci si mette per andare a dormire, per qualche decennio, passa in secondo piano e resta appannaggio di produttori specializzati nel genere. Con gli anni Novanta e il rafforzarsi di quell’idea vasta e varia di lifestyle impostata da Armani e imitata dai giganti della couture, il nostro torna sulle scene. Ovviamente è firmato, costosissimo, serve per oziare nel lusso di uno chalet di montagna, in un appartamento al centesimo piano di un grattacielo dell’Upper East Side o su uno yatch ormeggiato di fronte alla Costa Smeralda. Lo indossano le nuove star della musica, influencer ante litteram, ci si fanno paparazzare in strada, quasi quei pigiama costati centinaia di dollari fossero la risposta allo streetstyle dei b-boy. Nessuno immaginava che, di lì a poco, ci sarebbe stato il matrimonio tra subculture e lusso che riempie gli armadi della contemporaneità.