L’evoluzione del potere delle principesse di Galles

di Hadley Hall Meares (vanityfair.it, 30 marzo 2024)

Il 9 settembre 2022, all’indomani della morte della regina Elisabetta II, il nuovo re Carlo III ha conferito a William, suo primogenito ed erede, il titolo di cortesia di principe di Galles. Sua moglie Catherine, in precedenza duchessa di Cambridge, è diventata principessa di Galles: un titolo che è stato detenuto da alcune delle figure più incisive, audaci e affascinanti della famiglia reale britannica.

«È difficile esprimere una preferenza, perché quasi tutte hanno storie personali interessanti», afferma Deborah Fisher, che vive nella contea di Vale of Glamorgan, in Galles, ed è autrice di Princesses of Wales e Royal Wales. La nuova principessa di Galles fa parte di uno dei club più esclusivi al mondo. Anche se in età moderna ci sono stati ventidue principi di Galles, le principesse di Galles sono state soltanto dieci (c’è chi conta la regina Camilla come undicesima, ma dal momento che non ha mai usato il titolo viene spesso esclusa). Poiché il titolo non viene conferito alle eredi al trono di sesso femminile, l’unico modo per acquisirlo è attraverso il matrimonio con l’erede maschio.

Ad aver detenuto il titolo sono Giovanna di Kent (1361-1376), Anna Neville (1470-1471), Caterina d’Aragona (1501-1502), Carolina di Brandeburgo-Ansbach (1714-1727), Augusta di Sassonia-Gotha-Altenburg (1736-1751), Carolina di Brunswick (1795-1820), Alessandra di Danimarca (1863-1901), Maria di Teck (1901-1910), Diana Spencer (1981-1997) e Catherine Middleton (2022-). Queste principesse, che hanno spesso infuso nuova linfa e un’intelligenza superiore nella monarchia, sono state a lungo fonte di fascino e pettegolezzi scandalosi. «Nel corso dei secoli ci sono stati lunghi intervalli senza una principessa di Galles», spiega Fisher. «Pertanto, ogni donna che detiene il titolo riceve nuova attenzione mediatica».

Il titolo principessa di Galles

I titoli di principe e principessa di Galles sono inoltre da tempo oggetto di polemiche, dal momento che si tratta essenzialmente di vestigia perdute di bottini di guerra (la petizione dell’anno scorso che chiedeva l’abolizione del titolo di Galles conta attualmente oltre 40mila firme). Negli anni Ottanta del Duecento, Edoardo I d’Inghilterra conquistò il Galles e il sovrano gallese Llywelyn l’Ultimo fu ucciso in battaglia. La figlia neonata di questi, Gwenllian, l’ultima principessa di Galles nativa, fu catturata da Edoardo I e mandata in un convento in Inghilterra, dove morì nel 1337.

La pietra tombale sull’indipendenza gallese arrivò nel 1301, quando Edoardo I nominò principe di Galles il primogenito, Edoardo II d’Inghilterra (che era nato in Galles pochi mesi dopo la conquista del Paese da parte del padre). Gli storici ritengono che questo fosse un modo per consolidare il potere inglese in Galles e mettere in chiaro chi comandava. La prima principessa di Galles avrebbe stabilito uno standard elevato per le sue eredi. Giovanna di Kent, conosciuta come la “bella fanciulla di Kent”, nacque nel 1328. Era figlia dello sventurato Edmondo Plantageneto, I conte di Kent (sesto figlio di Edoardo I), giustiziato nel 1330.

Giovanna di Kent

La giovane Giovanna fu cresciuta in seno alla Corte reale, ma divenne presto famigerata nella società patriarcale dell’epoca per i suoi «modi sfuggenti». Quando aveva solo all’incirca dodici anni, scandalizzò la Corte sposando clandestinamente Thomas Holland, un comandante militare molto più anziano, che a quanto pare avrebbe adescato la preadolescente dichiarandole il suo vero amore. Furibonda, la famiglia ignorò il matrimonio e costrinse la ribelle Giovanna a contrarre un secondo matrimonio con uno sposo più adatto, William Montacute, futuro conte di Salisbury. Ne scaturì uno scandalo che durò quasi un decennio, fino al 1349, quando papa Clemente VI annullò il secondo matrimonio di Giovanna e lei si ricongiunse al primo marito Thomas Holland.

Secondo il libro Joan of Kent: The First Princess of Wales di Penny Lawne pare che il matrimonio sia stato felice, e la coppia ebbe molti figli. Nel 1360, tuttavia, Thomas morì e Giovanna, all’età di trentadue anni, era ormai una vedova potente, bella ed estremamente ricca. Ma non sarebbe rimasta single a lungo. In Lives of the Princesses of Wales, Mary Beacock Fryer racconta una leggenda secondo cui un cavaliere avrebbe implorato Edoardo di Woodstock, principe di Galles, l’avvenente e affascinante eroe di guerra passato alla storia come “il Principe Nero”, di aiutarlo a corteggiare Giovanna. Ma il cuore di Giovanna pulsava già per il suo amico d’infanzia Edoardo.

La coppia si sposò nel 1361. I principi di Galles furono inviati a governare l’Aquitania (una regione storica nell’angolo sud-occidentale della Francia, confinante con la Spagna e l’Atlantico), per poi rimpatriare otto anni dopo a causa della salute precaria di Edoardo. Lawne osserva che, a causa del suo drammatico passato, durante il matrimonio sembra che Giovanna si sia tenuta lontano dalla politica. Certamente però dettava la moda, stabilendo un precedente per le future principesse di Galles. «Giovanna di Kent […] era molto ammirata per il suo aspetto e il suo stile, oltre a essere criticata per le spese eccessive in vestiti», dice Fisher. Come altre future detentrici del titolo, comunque, Giovanna avrebbe acquisito il vero potere solo dopo la morte del Principe Nero, nel 1376, quando assicurò con abili e consumati stratagemmi l’ascesa al trono del figlio di nove anni, Riccardo II d’Inghilterra, nel 1377.

La successiva principessa di Galles davvero potente non sarebbe emersa fino al XVIII secolo. A causa di scomparse premature, matrimoni sterili e la violenza dell’epoca, ci sarebbe stato un intervallo di oltre duecento anni tra Caterina d’Aragona, la terza principessa di Galles, e l’elevazione di Carolina di Brandeburgo-Ansbach al titolo nel 1714.

Carolina di Brandeburgo-Ansbach

Quando Carolina di Brandeburgo-Ansbach divenne principessa di Galles, il titolo era ormai puramente simbolico e il Galles non era più utilizzato come terreno di addestramento per l’erede al trono. Tuttavia, Carolina si sarebbe forse dimostrata la più astuta politicamente di tutte le principesse di Galles. «In termini di potere “reale”, probabilmente dovrei dire che Carolina di Brandeburgo-Ansbach fu la più influente», afferma Fisher. Nata nel 1683, Carolina sposò il principe Giorgio Augusto di Hannover nel 1705. «Quando la dinastia degli Hannover salì al trono britannico, Giorgio I di Gran Bretagna aveva divorziato dalla moglie, che era rinchiusa in un castello in Germania, quindi sua nuora, Carolina, era la “first lady” del Paese», spiega Fisher. «L’attenzione su di lei era ancora maggiore perché il suocero non parlava Inglese e non era esattamente un uomo del popolo».

A differenza di re Giorgio I, i principi di Galles (Carolina in primis) si fecero subito un dovere di adattarsi alle abitudini inglesi e di conquistare l’affetto dei loro nuovi sudditi. «Era una donna attraente e colta, dalle opinioni decise», spiega Fisher. «Di gran lunga superiore al marito in termini di intelletto, ed è ovvio che nella coppia fosse lei a portare i pantaloni». Re Giorgio I detestava i principi di Galles, e il sentimento era reciproco. A volte i principi di Galles venivano cacciati dalle proprietà reali e allontanati dai figli, il che li portò a creare una sorta di Corte rivale presso Leicester House, la loro residenza londinese.

Quel ritrovo era tutto ciò che non era la compassata corte di Giorgio I: esaltante, giovane, traboccante di idee nuove e divertente. Carolina era una vera intellettuale, che annoverava Isaac Newton tra i suoi amici più stretti, come pure una sostenitrice dei progressi della medicina, tanto che vaccinò i figli più piccoli contro il vaiolo suscitando diverse polemiche. Era anche divertente, una caratteristica rara per un membro della famiglia reale. In King George II and Queen Caroline, lo storico John Van der Kiste scrive che la coppia mondana amava ricevere ospiti, e questo li rese cari al pubblico britannico. Astutamente, inoltre, Carolina divenne amica di politici dell’opposizione come Horace Walpole, con il quale coltivò un’amicizia vantaggiosa per entrambi.

Secondo Van der Kiste, l’irritabile e contegnoso re Giorgio I era talmente minacciato da questa Corte rivale che proibì a vita a chi gli gravitava attorno di socializzare o comunicare con i principi di Galles e i loro amici. Sorprendentemente, Carolina e il marito avrebbero esteso questa faida generazionale alla loro stessa famiglia: i due, infatti, disprezzavano il proprio primogenito, Federico, che, come scrisse Carolina, era «il più grande bugiardo […] e la più grande bestia del mondo intero». Dopo essere saliti al trono nel 1727, Carolina e Giorgio II avrebbero riservato a Federico e sua moglie, Augusta, la principessa di Galles, molti degli stessi trattamenti che avevano subito in prima persona.

Quali che fossero i suoi difetti privati, il pubblico era ben consapevole che la regina Carolina era una forza politica con cui fare i conti. «You may strut, dapper George, but ’twill all be in vain», recitava una canzoncina popolare. «We know ’tis Queen Caroline, not you, that reign» (Pavoneggiati pure, Giorgio caro, ma sarà tutto inutile. Sappiamo che è la regina Carolina, non tu, a regnare). Nonostante avesse numerose relazioni, pare che Giorgio II venerasse la sua intelligente regina. Quando, nel 1737, Carolina fu in punto di morte, implorò Giorgio di risposarsi. Il re, in lacrime, avrebbe risposto tra i singhiozzi: «No, no, avrò delle amanti».

Molti hanno attribuito a Carolina la sopravvivenza stessa della dinastia straniera degli Hannover (da cui discende direttamente l’attuale famiglia reale). «La sua personalità affabile e dignitosa, i suoi alti ideali e la sua vita pura fecero molto per controbilanciare l’impopolarità del marito e del suocero», ha scritto secondo Fisher lo storico della famiglia reale W.H. Wilkins, «come pure per riscattare la prima età georgiana dalla volgarità assoluta».

Alessandra di Danimarca

Se Carolina fece assumere al titolo di principessa di Galles un ruolo di influenza concreta, fu la principessa Alessandra di Danimarca, la settima a detenere il titolo, a diventare la prima vera glamour girl internazionale della famiglia reale britannica nell’era mediatica moderna. Nata nel 1844, la principessa Alessandra sposò nel 1863, all’età di diciannove anni, il famigerato Edoardo, principe di Galles e futuro Edoardo VII. La principessa, nota per la sua bellezza, fu subito oggetto di venerazione da parte dei sudditi, tanto che la folla si accalcava intorno alla sua carrozza quando entrava in città.

«Sono venuto fin qui da Carlisle per vederla» esclamò uno spettatore, «e resterei qui sotto la pioggia fino a domani a quest’ora se solo potessi rivedere quel bel viso». Al matrimonio dei principi di Galles nella Cappella di San Giorgio, persino Charles Dickens rimase affascinato dalla semplicità della principessa. «Era il volto di una sposa non comune, non semplicemente una ragazza timida e schiva, ma una ragazza con un proprio carattere distintivo, pronta a recitare una parte di grande importanza».

Anche se pare che tutta quella venerazione la turbasse, Alessandra mostrò ben presto un fascino informale e una capacità di comunicare con la gente comune che oggi associamo alla principessa Diana. «Alessandra godeva certamente di un livello di popolarità pari a quello di Diana», afferma Fisher. «Oltre a dedicarsi a opere di beneficenza (e a sopportare le infedeltà del marito), aveva ricevuto un’educazione altrettanto umile ed era molto orientata alla famiglia. Era anche considerata una grande bellezza e aveva un modo di vestire particolare che veniva generalmente ammirato». Questo “it factor” fu notato persino dall’ipercritica suocera, la regina Vittoria, la quale scrisse che Alessandra era «una di quelle dolci creature che sembrano venire dal cielo per aiutare e benedire i poveri mortali e illuminare per un po’ il loro cammino».

Alessandra, però, avrebbe presto attirato l’ira della regina Vittoria per i suoi modi informali. Proprio come Diana, amava i bambini: con loro faceva capriole sull’erba, li intratteneva scivolando giù dalle scale usando un vassoio da tè come slittino, e viziava i figli a tal punto che si guadagnarono il soprannome di «bambini selvaggi di Galles». Ignorando ampiamente le innumerevoli relazioni del marito (sostenendo allegramente «lui mi amava di più»), Alessandra si dedicò alla musica, alla danza, all’equitazione e ai suoi animali domestici. Come osserva Fisher, nel corso dei suoi quasi trentotto anni da principessa di Galles fu il membro più amato della famiglia reale britannica: un contrasto con la regina Vittoria, distaccata e perennemente in lutto, di cui si sentiva un gran bisogno.

La capacità di Alessandra di entrare in sintonia con la gente comune derivava senza dubbio dalle sue difficoltà personali, che comprendevano una perdita degenerativa dell’udito e una marcata zoppia. La principessa divenne una nota mecenate degli ospedali, e visitava spesso di persona reparti e amiche infermiere. La sua gentilezza si estese anche a Joseph Merrick, l’“uomo elefante”, che andò a trovare in ospedale e con il quale intrattenne una regolare corrispondenza. La popolarità di Alessandra proseguì anche quando divenne regina, nel 1901. Prevedibilmente, pare sia stata gelosa della nuova principessa di Galles, la nuora Maria di Teck, forse riandando con nostalgia ai tempi in cui il peso della corona non gravava sulle sue esili spalle.

Diana Spencer

Alessandra spianò la strada a Diana Spencer, la nona principessa di Galles, che ampliò il ruolo a quello di filantropa, icona della moda e superstar globale. «Oggi quel titolo è più significativo, perché non ci si aspetta più che le donne siano viste e non ascoltate, e di conseguenza il lavoro di una principessa reale è più apprezzato», dice Fisher. «Diana ha influito molto sull’evoluzione del ruolo nel XX secolo».

Diana ha anche ricucito i rapporti con il popolo gallese, facendosi un dovere di annunciare, nel corso della sua prima visita, quanto fosse orgogliosa di quel titolo. «Continua a sembrare curioso che una donna inglese dell’alta borghesia sia stata accolta così calorosamente dai gallesi e abbia ricambiato quel calore spontaneo, tanto che siamo arrivati a pensare a lei non come a una principessa qualsiasi, ma come alla nostra principessa», scrive Fisher in Princesses of Wales.

Durante il divorzio, alcuni hanno paragonato Diana a Carolina di Brunswick, la sesta e più scandalosa principessa di Galles, che ha coraggiosamente e temerariamente tenuto testa all’infedele e sprezzante marito attraverso la stampa rischiando di causare una crisi costituzionale. Come Carolina, anche Diana ha tentato in tutti i modi di tenersi stretto ciò che le spettava di diritto e ha insistito per mantenere il suo amato titolo anche dopo aver lasciato la famiglia reale.

Catherine Middleton

È questa la storia, gravosa e sfaccettata, che l’attuale principessa di Galles, Catherine Middleton, ha ereditato. «Si potrebbe dire che sono panni ingombranti da portare, ma penso che la sua posizione sia meno impegnativa di quella di Diana per diversi motivi: ha un matrimonio molto felice, sapeva a cosa andava incontro quando è entrata a far parte della famiglia reale e ha avuto più tempo per pensare al proprio ruolo», dice Fisher.

Tuttavia, anche se William e Kate hanno trascorso i primi tre anni di matrimonio vivendo ad Anglesey, in Galles, Fisher spera che la nuova principessa di Galles sottolinei più pubblicamente l’importanza del proprio titolo. «Anche se ha vissuto in Galles e conosce i gallesi, non mi sembra che il titolo rivesta per lei la stessa importanza che aveva per Diana, che riconosceva il suo legame con il Galles come fonte potenziale di sostegno popolare», dice Fisher. «Spero che Kate ne capisca il potenziale a tempo debito».

E così, la principessa di Galles (e futura regina) cammina sul filo, sempre attenta a non mettere in ombra gli attuali sovrani e, contemporaneamente, a fare da affascinante ambasciatrice della monarchia. «Di Diana condivide certamente l’umiltà e la capacità di comunicare con la gente comune, oltre che gran parte del fascino e della dignità», dice Fisher. «Quindi, credo possa reggere il confronto».