Sedere: storia politica e appropriazione culturale

di Eugenia Nicolosi (alfemminile.com, 25 aprile 2023)

Nei nostri corpi portiamo storie. Questa è la conclusione cui arriva la saggista americana Heather Radke nel suo nuovo libro, Butts: A Backstory (Simon & Schuster), un’opera di storia culturale che traccia il pensiero e il significato del derrière, in particolare quello delle donne. Attingendo alla propria esperienza, Radke analizza il modo in cui attorno al sedere si formano i nostri sentimenti e le nostre vulnerabilità, attorno al sedere si intrecciano desiderio, vergogna e potere.

L’autrice analizza anche come i sederi determinino spesso la misura del desiderio e della disponibilità sessuale, creando e rafforzando le gerarchie razziali e sessuali. Scavando nella storia del sedere, Radke ne esplora l’evoluzione dalle scoperte archeologiche agli ultimi trent’anni, notando come l’atteggiamento del pubblico nei confronti del sedere femminile è cambiato nel tempo e nello spazio, fatto che è evidente dall’ossessione per il sedere di donne come Kim Kardashian e Jennifer Lopez (oggi) contro quello di donne come Kate Moss o Michelle Hunziker quando faceva da modella per le pubblicità degli slip marca Roberta (ieri).

Radke, che si sofferma anche sulle evoluzioni nelle tendenze del fitness, scrive però che è sostanzialmente interessata ai sederi per come vengono interpretati e rappresentati dalla cultura occidentale (ed egemonica) tradizionale, quindi la cultura di chi detiene il potere politico ed economico, di chi domina le industrie dei media e di chi è responsabile della creazione, perpetuazione e applicazione degli standard estetici. Il libro è quindi un’indagine sulla storia del culo attraversando le teorie e dalle prospettive di esperti ed esperte di culo di tutti i tipi: storici, scienziati e archivisti, ma anche drag queen, personal trainer, istruttrici di danza e persone non binarie.

Che significato ha secondo tutti e tutte loro, il sedere? È una parte del corpo che ha tanti significati quante sono le persone che vivono nel mondo. E lo si scopre dalle storie personali (e politiche) fatte di oppressione, lussuria e allegria, pregiudizi e stigmi che si trovano nel libro. Testo che non manca di includere un dato oggettivo: le molestie sessuali, sia verbali sia fisiche, sono spesso concentrate sul sedere (delle donne).

Le donne bianche e il sedere delle donne nere. Since 1800

Nei nostri corpi portiamo storie. Alcune persone più di altre. È abbastanza nota quella che nasce dal corpo di Saartjie Baartman, conosciuta con il razzistissimo soprannome di “Venere ottentotta”, alla quale la Radke dedica un intero capitolo e innumerevoli riferimenti sparsi tra le pagine: Baartman nasce della tribù Khoekhoe, in Sud Africa, e all’inizio dell’Ottocento viene presa e portata in Europa perché i coloni bianchi decidono che è abbastanza weird per fare il fenomeno da baraccone in giro per il Vecchio Continente. Gli uomini, ma anche le donne, dell’Europa vittoriana ne fanno carne da macello: la osservano, parlano di lei davanti a lei in una lingua che non conosce, la toccano, le cambiano il nome nel più europeo Sarah e la studiano, spinti dall’ossessione di classificare gli esseri umani in gerarchie basate sull’aspetto e sul colore della pelle.

La sua storia è il punto di partenza per la struttura del libro di Radke, che scrive che “la sua esibizione crudele nella vita (e anche dopo la sua morte – N.d.R.) è fondamentale per comprendere come il sedere è stato percepito negli ultimi due secoli”. Di Saartjie Baartman parla anche Sabrina Strings nel suo Fearing the Black Body: The Racial Origins of Fat Phobia; il terzo capitolo del libro è The Rise of the Big Black Woman e culmina con una rivisitazione della storia di Baartham che viene collocata dall’autrice nel contesto reale: una rete di desiderio e diritto maschile bianco e imperialista che ne fa oggetto sessuale, oggetto scientifico, oggetto di divertimento. Ne fa oggetto. E oggi è evidente che dietro l’esibizione del corpo di Baartham ci fosse pura pornografia.

E sì, abbiamo già parlato di come l’estetica delle donne nere abbia determinato anche l’estetica delle donne bianche che volevano contrapporsi e quanto più possibile a loro. Ma è accaduto fino a un certo punto: come pure Radke scrive, le donne bianche hanno iniziato, qualche decennio dopo la morte della Baartham, ad appropriarsi dell’estetica delle donne nere. E riconosce quanto sia sinistra, come appropriazione: perché una donna avrebbe voluto somigliare a Saartjie Baartman, la cui silhouette era stata presa a esempio di subumanità grottesca? Perché le donne ottocentesche hanno iniziato a desiderare le forme di qualcuno che ritenevano una selvaggia sessualmente promiscua, addirittura ideando un capo intimo che gonfiasse loro il fondoschiena (quello che indossano le sorelle di Cenerentola)?

Perché durante il colonialismo gli scienziati europei hanno prodotto quintali di teorie pseudoscientifiche sui culi delle donne nere nel tentativo di costruire e poi rafforzare le gerarchie e gli stereotipi sulle razze, creando – per una loro convenienza – quello della donna nera lussuriosa. Infatti è stato addirittura legittimato lo stupro operato dai bianchi sulle nere, adducendo proprio la teoria razzista e classista ideata dai bianchi sulle nere perennemente affamate di sesso. E le bianche dell’epoca erano un gruppo di Karen: capricciose, superficiali ed egocentriche. Forse anche stanche di vedere che i loro mariti “facevano sesso” (violentavano) con le donne nere; ma non certo per spirito di sorellanza, semmai per gelosia.

Chi non conosce la storia del meme Karen è presto servita: si parla di Karen, soprattutto sui social, per identificare quelle donne bianche che si ritengono legittimate a chiedere qualsiasi cosa e si stupiscono quando viene detto loro di no. Un esempio di come viene esercitato il privilegio bianco è chiedere di parlare con il superiore quando in un negozio, o in un ufficio, non vengono accontentate. Nb: il nome Karen è stato scelto perché molto diffuso tra le donne bianche e di mezza età che vivono negli Stati Uniti, dov’è nato il meme oggi conosciuto in tutto il mondo. Fine dello spiegone.

L’autrice del libro è bianca, e non fa mistero della consapevolezza che ha di essere seduta su un privilegio. E anche parlando di culi, il personale è politico. Tornando quindi ai giorni nostri, l’autrice parla serenamente di appropriazione in riferimento a Jennifer Lopez o Kim Kardashian, prese a esempio di come si siano appropriate, come le bianche vittoriane, delle forme dei sederi delle donne nere. Ma la critica più feroce è diretta alla cantante Miley Cyrus, il cui twerk davanti al cantante Robin Thike agli Mtv Video Music Awards del 2019 viene descritto come “l’adozione e lo sfruttamento di una forma di danza popolare delle comunità nere, povere e della classe operaia mentre contemporaneamente viene alimentato lo stereotipo della donna nera ipersessualizzata”. Ed è l’atto di colonizzazione definitivo.

Social media e gluteoplastica additiva

Un sedere grande, sempre in alcune generazioni e culture, oggi è ancora cercato, lo vediamo dai social media. Andare su TikTok o Instagram significa imbattersi in una ragazza che si fotografa allo specchio mostrando il derrière. Il fascino del culo (e lo diciamo così, brutale) ha permesso che orde di donne si sottoponessero a un intervento chirurgico per ottenere un preciso tipo di sedere: grande, tondo e sodo. Stando a quanto si trova on line, la gluteoplastica additiva con protesi ha un costo che può variare dagli 8mila ai 12mila euro, a seconda che l’intervento venga eseguito in day hospital oppure con una notte di ricovero.

E qui si solleva l’eterna questione dell’accettarsi: se non nasci con determinate forme, quanto sei disposta a pagare per averle? Ma d’altro canto si è tanto più autentiche quanto più si somiglia all’idea che si ha di sé stesse, dice il personaggio di Agrado nel film Tutto su mia madre di Pedro Almodóvar. Quindi, chi siamo noi per decidere se qualcuna può o non può ingrandire il proprio fondoschiena? Nessuno, però specifichiamo che la forma del culo porta con sé una storia.

La relazione tra età, sesso, etnia, località e “culo ideale”

Gli esseri umani hanno un rapporto complicato con il sedere. Il sedere di una donna, in particolare, viene sempre valutato, criticato e oggettivato, da ansiose giudici di noi stesse quando proviamo i jeans nei camerini al catcalling mentre camminiamo per strada. Nonostante l’abbiano tutte e tutti è zona non neutra, e le donne lo sanno. Quindi ciascuna sceglie cosa farne: se nasconderlo, sottolinearlo, mostrarlo, ingrandirlo o rimpicciolirlo.

Al netto di ciò, ci sono delle forme di culo che vanno di moda e altre no, e accade per via di diverse influenze determinate da fattori geografici, culturali e sociali. Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, esiste una relazione tra età, sesso, etnia, Paese di residenza e la forma del culo “ideale”. E il sito YouPorn ha ceduto le informazioni sulle ricerche di utenti – sia uomini sia donne – rispetto alle preferenze: a Nord del mondo le persone sono più interessate ai seni, a Sud al sedere. E scrive: a prima vista, sembra che al Nord regnino le tette in termini di preferenza, mentre al Sud piacciono di più i sederi. È interessante notare che praticamente tutta l’Africa, ad eccezione dell’Egitto, preferisce i video a tema sedere; come accade anche in Sud America, ad eccezione dell’Argentina, dove le tette sono al top.

Li cercano grandi, piccoli, larghi, stretti, alti, bassi, a mandolino: questo ci insegna che anche quando i media e l’industria della moda ci dicono quale sia il culo “ideale”, è come sempre soggetto ai capricci di ciascuno e del tempo. La forma di sedere considerata bella oggi potrebbe benissimo essere fuori moda tra due estati, basta guardare alla tendenza del “culo grosso”, appunto l’appropriazione di cui parla Radke, e di come sia passata di moda per lasciare spazio al caro vecchio e odiato skinny.

Nel frattempo, però, la body neutrality dovrà pur lasciare il segno da qualche parte. Allora iniziamo da qui, dicendo che il culo ideale non può che essere quello con cui ci sentiamo bene noi, tenendo presente che gli standard di bellezza cambiano a seconda delle culture e dei periodi e tenendo presente che sono standard, non leggi. E ancora: tenendo presente che le sfilate possono mandare a fare i catwalk a modelle sempre magrissime, ma poi sui siti porno le persone non cercano quello. E non è un dettaglio da poco.