Diversi utenti di TikTok stanno sfruttando una funzione di livestreaming poco conosciuta dell’app per guadagnare facendo leva sull’enorme interesse intorno alla guerra tra Israele e Hamas, pur non avendo alcun legame con la crisi. E in tutto questo, la piattaforma si prende fino al 50 per cento dei guadagni.
La settimana scorsa i Killers, la band rock statunitense famosa per canzoni come Mr. Brightside e Human, si sono trovati in una situazione complessa durante un concerto in Georgia, il Paese del Caucaso invaso temporaneamente dalla Russia circa quindici anni fa. Verso la fine del concerto il cantante Brandon Flowers ha chiesto se nel pubblico ci fosse qualcuno che sapeva suonare la batteria e che volesse salire sul palco a suonare insieme a loro la canzone For reasons unknown, come spesso succede durante le loro esibizioni.
Prima dei social network diventare una persona famosa e riconosciuta da milioni di persone era piuttosto raro e complesso. Era necessario essere molto talentuosi, molto belli o molto ricchi, e spesso molto fortunati: star del cinema, della musica e della televisione, sportivi o politici particolarmente carismatici, artisti (pochi) o modelli. Nella maggior parte dei casi l’attenzione pubblica riservata a queste persone passava anche dal fatto che i media tradizionali li riconoscevano come celebrità, e ne raccontavano le vite di conseguenza, portando ancora più persone a conoscerli, banalmente, come “gente famosa”.
Ph. Dimitrios Kambouris / Getty Images for The Met Museum – Vogue
Chissà se, prima della rivoluzione, qualche popolano francese si era illuso che Maria Antonietta fosse la sua migliore amica. Magari quella aveva sorriso dal finestrino della carrozza, ovvero aveva fatto il proprio lavoro passando in mezzo ai sudditi, e lui aveva equivocato. Secondo me no. Secondo me duecentocinquant’anni fa erano più svegli di ora, che ci percepiamo furbissimi mentre brilliamo per stolidità.
Tempi duri per Meghan Markle, che stavolta si trova a dover affrontare le critiche della platea che in passato l’ha sostenuta nel suo percorso, difendendola perfino dalle accuse dei detrattori. Si tratta delle femministe, che cinque anni dopo il matrimonio dell’ex attrice birazziale di Suits con il principe Harry si pongono seri dubbi sulla sua autenticità. Le critiche, in realtà, non sono così recenti, ma sommate alle recenti notizie in merito a un dirigente di Spotify che avrebbe definito la coppia «truffatori del cazzo», compongono un quadro da cui Meghan esce parecchio male.
Le celebrità in declino e i personaggi carismatici che scrivono manuali, tengono discorsi e vendono soluzioni spacciate come miracolose per diventare ricchi e famosi con il minimo sforzo esistono da tempo. Con la diffusione dei social network, però, questo tipo di “guru” e i relativi contenuti motivazionali basati sulla retorica secondo cui il successo dipende esclusivamente dal merito individuale e dall’atteggiamento con cui si affronta la vita sono proliferati. In particolare, l’algoritmo di TikTok – e la sua capacità di far diventare virale un contenuto da un giorno all’altro – ha rafforzato la convinzione di molti giovani che costruirsi una florida carriera on line sia tutto sommato facile.
Il 18 marzo di quarant’anni fa moriva in Svizzera l’ultimo re d’Italia, Umberto II. Ieri – domenica 19 marzo – i suoi discendenti si sono riuniti in Francia per rendergli omaggio presso l’Abbazia di Hautecombe, un magnifico monumento nel dipartimento francese della Savoia che da secoli è il luogo di sepoltura e il mausoleo storico dei membri di Casa Savoia. Qui riposano sia l’ex monarca sia sua moglie, la regina Maria José, scomparsa nel 2001.
In un giorno imprecisato di inizio anni Ottanta il signor Hiroshi Ueda, oscuro impiegato dell’allora potentissima azienda giapponese di elettronica e fotocamere Minolta, portò la famiglia in vacanza a Parigi. Andarono al Louvre, naturalmente, e lì Ueda domandò a un ragazzo di passaggio il favore di scattargli una foto ricordo con la moglie e i due figli.
di Fabiana Giacomotti (ilfoglio.it, 9 settembre 2022)
Nessuno più di Elisabetta II, forse solo quella non parente Tudor che per prima portò il nome sul trono di Saint James, conosceva il valore profondo, simbolico, feticista nel senso originario, cioè para-religioso, del sostantivo “insegna”. In signo, in hoc signo vinces. Tutti rappresentano e definiscono la stessa cosa: le in-segne, cioè il segno visibile del potere. Qualunque esso sia: il camice del medico, la divisa militare, la corona.
«Oggi inizia la resistenza», twitta Francesca Michielin, che di mestiere presenta X Factor, ma è evidentemente pronta non dico a salire sulle montagne col mitra ma almeno ad andare a Cortina con un paio di sci nuovi (spero che gli impianti ampezzani di neve finta siano migliorati rispetto ai miei tempi, quando la rivoluzione volevamo farla, pensa te, contro la Dc, ma almeno non avevamo luoghi pubblici in cui dichiarare la nostra scemenza giovanile). Il giorno prima, mentre l’Italia votava come ampiamente previsto Giorgia Meloni, la sinistra dell’Instagram s’indignava per le stronzate, come aveva fatto per tutto il resto della campagna elettorale e della vita. È normale che sia così: siamo una società in cui il benessere è diffuso e i bisogni primari sono soddisfatti, ci resta tempo per occuparci di stronzate e quindi lo facciamo. Il dettaglio grave è l’apparente incapacità di distinguere tra le stronzate e le cose serie, riuscendo ad avere l’approccio sbagliato a entrambe.